Il difensore nerazzurro in un'intervista a Repubblica: "Esultanza dopo il tackle su Leao? Preferisco fare una bella scivolata che un gol"
"Se ho sentito Theo e Maignan in queste settimane? Prima della partita col Milan li avevo stuzzicati, dicendo loro che saremmo diventati campioni proprio contro di loro. Siamo amici, ma il derby è il derby e non si fanno sconti. In campo con Theo ci siamo affrontati, scontrati, anche spinti". Benjamin Pavard si gode lo scudetto della seconda stella dell'Inter e nel corso di un'intervista a La Repubblica racconta alcuni retroscena sulla sfida ai rossoneri e in generale sulla sua esperienza interista: "Esultanza dopo il tackle su Leao? Preferisco fare una bella scivolata che un gol. Per un difensore, un tackle può valere quanto una rete. E quello era il caso".
La scelta Inter - "Al Bayern Monaco avevo vinto tutto e ho capito che era il momento di cambiare. A 27 anni cercavo una nuova avventura, dopo sette anni in Germania. Volevo conoscere l'Italia, vivere la passione della Serie A. Poi c'è la tattica. A Monaco giocavo terzino, qui centrale, il ruolo che preferisco. Da bambino alla playstation giocavo con l'Inter, era davvero forte. Mi ricordo ancora i tiri di Adriano".
Benji l'interista - "L'idea è nata in aereo, venendo a Milano, chiacchierando con un amico. Avevo forzato per lasciare Monaco. Volevo l'Inter, che mi seguiva da tempo. Non ci poniamo limiti. Dobbiamo restare campioni d'Italia, pur sapendo che è molto difficile confermarsi. In Italia negli ultimi anni il vincitore del campionato è cambiato spesso. Ma siamo sulla buona strada. E abbiamo tifosi fantastici, a San Siro e in trasferta".
La festa scudetto - "Avevo visto una cosa del genere a Stoccarda, per la promozione in Bundesliga. Al Bayern Monaco, meno. Poi c'è il Mondiale con la Francia. È stato incredibile, ma il pullman a Parigi viaggiava più spedito, non ci abbiamo messo otto ore come a Milano".
L'allenatore - "Inzaghi ci lascia molta libertà. Avevo già giocato in difese a tre, ma si trattava soprattutto di coprire. Qui è un continuo dai e vai. Dobbiamo salire, creare spazio, dialogare con il regista. Merita i cori, da parte dei fan e anche della squadra. Era importante che fossimo noi calciatori a gridare per primi il suo nome. La seconda stella è arrivata grazie al lavoro di tutti, ma è lui il mister. Il suo segreto è l'attenzione ai dettagli. Non sottovaluta niente. E la sua mentalità è condivisa da tutti alla Pinetina. Per questo stiamo così bene insieme. Tiene tantissimo a ogni particolare. Lo si capisce da come si agita in panchina. All'inizio lo guardavo con stupore, non avevo mai visto niente del genere. Poi ho capito. Anche dopo la vittoria del campionato, ci ha detto che è importante vincere le gare che restano".
Il capitano - "Lautaro è una super persona. Un vero leader e un grandissimo giocatore. Sta trattando il rinnovo del contratto? Spero rimanga con noi a lungo. Il mio primo idolo nel calcio è stato Zidane, quando ancora giovavo centrocampista. Fra i difensori, dico Sergio Ramos. Il mio sogno come giocatore era essere professionista e l'ho superato molto presto. Ho vinto tanto, ma nel mio armadio i trofei non sono ancora abbastanza. Ora spero di vincere l’Europeo".
Futuro - "Non so in che ruolo, ma continuerò nel calcio. A Lille, nei giorni di riposo, andavo a vedere i miei amici giocare in squadre di dilettanti. A casa guardo partite di terza e quarta divisione e studio tutte le classifiche. Vittorie e fama non mi hanno cambiato. Non dimentico da dove vengo e come sono stato educato. Provo a essere il più semplice possibile".