Una partita in totale controllo, quella con la Juve, poi l'ingenuità finale di Dumfries. Ma era da chiudere prima
Un punto in due partite, ma due partite che aveva in mano e che ha buttato via. Dopo la sconfitta con la Lazio, l'Inter si fa raggiungere sul pareggio dalla Juve nel finale scivolando a -7 dalla coppia di testa Napoli e Milan. Al di là delle proteste nerazzurre per il rigore dell'1-1 bianconero e dell'espulsione di Simone Inzaghi dopo il lancio della pettorina in campo, l'Inter ha il demerito di non chiudere la partita e affondare il colpo di fronte a un avversario che fino agli ingressi di Dybala e Chiesa aveva pensato più a contenere l'avversario che a giocare.
L'uscita di un brillante Perisic, ammonito e affaticato ("A fine primo tempo era sul lettino dei massaggi perché aveva un flessore indolenzito", ha spiegato Inzaghi nel dopo partita) e l'ingresso di Dumfries, che ha commesso l'ingenuità fatale, hanno fatto il resto. Centrocampo in assoluto controllo, con un Barella sontuoso come sempre, difesa mai in affanno.
Con un Lautaro Martinez in giornata no, ci pensa ancora Dzeko a gonfiare la rete avversaria. L'attaccante bosniaco si è preso l'Inter in tutto e per tutto: ha segnato sette gol in nove partite di campionato, che vuol dire tanti quanti in tutta la scorsa stagione di Serie A (in 27 gare). Prima di lui, l'ultimo giocatore che nella stagione d'esordio in nerazzurro aveva fatto lo stesso era stato Ronaldo il fenomeno nel 1997/98. Niente male. E il feeling di Dzeko con San Siro è totale: cinque centri in quattro partite casalinghe. Ma Dzeko non basta a questa Inter per far fuori la Juve dalla corsa scudetto e di restare in scia delle prime della classe. E alla fine la beffa è atroce.