Il riassunto dei dodici mesi straordinari dei nerazzurri, con la conquista dello scudetto e un'altra stagione iniziata alla grande nonostante gli addii importanti
Aver interrotto lo strapotere della Juventus, dopo nove anni di scudetti consecutivi, sarebbe già un'impresa di incorniciare. Ma forse è ancora più da applausi il fatto di aver chiuso il girone d'andata della stagione successiva ancora in testa alla classifica, dopo un'estate che sembrava il preludio della fine dell'Inter. Gli addii di Conte, Lukaku e Hakimi avrebbero fatto passare l'ottimismo anche al più incallito dei tifosi.
Invece, dopo un minimo periodo di assestamento, tutto è ripartito come se niente fosse successo. Per lo scudetto 2021 non c'è dubbio che grandi meriti vadano attribuiti ad Antonio Conte. E' lui ad aver dato un preciso indirizzo a una squadra che ha trovato un assetto granitico, scientifico, impressionante nella capacità di concedere poco o nulla e di creare occasioni a getto continuo. In molti l'hanno catalogata soltanto come una squadra reattiva. In realtà, dopo un inizio di stagione più basato sull'uscita dal basso e da un marcato assetto posizionale, la nuova Inter si è ritrovata quando ha abbassato il suo baricentro e si è affidata a una manovra con poche giocate ma perfettamente codificate. La palla incontro per Lukaku dopo un velo o uno scambio con Lautaro, i cambi di gioco veloci sugli esterni, le sovrapposizioni e gli inserimenti delle mezzeali e la presenza in area, a chiudere l'azione, dei laterali di centrocampo: il playbook dell'Inter ha esaltato le doti dei singoli all'interno di un calcio organizzatissimo.
Poi arriva l'estate dello smantellamento. Lukaku, uno degli eroi dello scudetto, se na va al Chelsea, Hakimi, l'altro grande protagonista stagionale, al Psg, mentre Eriksen è costretto all'addio al calcio italiano per le note vicende legate al suo stato di salute. Conte, dopo aver parlato con la proprietà, non accetta il ridimensionamento e se ne va. E qui diventa chiaro a tutti che, oltre all'allenatore e ai giocatori, l'Inter ha una marcia in più anche a livello societario. Per prima cosa si sceglie un allenatore simile al predecessore per il sistema di gioco ma lontano da lui per l'interpretazione. Poi si punta su Calhanoglu, arrivato a parametro zero, su Dzeko, per sostituire Lukaku, e Dumfries come alternativa per la fascia orfana di Hakimi.
Il resto lo fa Simone Inzaghi dimostrando una preparazione tecnica e, soprattutto, un'intelligenza fuori dal comune. Come Capello dopo Sacchi e Allegri dopo Conte, l'ex allenatore della Lazio mantiene i concetti base del predecessore lasciando però maggiore libertà ai giocatori, sia dal punto di vista dell'intensità mentale che da quello tattico. Certe giocate mandate a memoria continuano a ripetersi in una squadra abituata a muoversi seguendo binari precisi, ma c'è una minore ricerca della verticalità. La nuova Inter sa uscire palleggiando, sfruttando gli inserimenti in impostazione dei centrali-laterali della difesa a tre, porta Calhanoglu ad accompagnare Brozovic in cabina di regia, e può attaccare posizionalmente accentuando anche gli scambi stretti in velocità. Il risultato è il turno passato in Champions League (impresa non riuscita per due volte al predecessore) e il titolo di campione d'inverno. Niente male per una squadra che, solo 6 mesi fa, sembrava sull'orlo del baratro.
Per capire la grandezza di questo 2021 nerazzurro, basta osservare i dati. Sono ben 104 i punti conquistati dall'Inter nell'anno solare. Un numero impressionante che dimostra come un gruppo di grandi professionisti, dall'amministratore delegato in giù, sia stato in grado di compiere un'impresa che verrà ricordata a lungo.