Abbattuti tutti i difetti della passata stagione, la squadra nerazzurra è una macchina praticamente perfetta che ha imparato a gestire anche situazioni estreme
di Enzo PalladiniUn'altra vittoria, un'altra prestazione da grande squadra. L'Inter ha risposto con una prova di forza agli avvertimenti della Juve versione corto muso. Un altro scontro diretto, quello del Maradona, giocato con la consapevolezza della propria superiorità e con la serenità di chi sa di poter vincere su qualsiasi campo. Una prima parte di campionato quasi perfetta, al di là del vantaggio sulle inseguitrici.
Secondo alcuni allenatori (per esempio Fabio Capello), lo scudetto si vince quando si ha la difesa meno battuta. L'Inter ce l'ha. Secondo altri (leggasi Arrigo Sacchi) si trionfa invece quando si segna più degli altri. L'Inter possiede anche questo primato. Tra i cosiddetti "giochisti" e i cosiddetti "risultatisti" ci sono dei punti di contatto che l'Inter attuale incarna in maniera quasi sorprendente. Se è vero che nella notte dolce del Maradona c'è stata una certa sofferenza iniziale (traversa iniziale di Politano e varie parate di Sommer) è altrettanto vero che dal gol di Calhanoglu in poi, i nerazzurri sono diventati padroni della partita, non hanno mai dato l'impressione di essere in affanno. Una perfetta combinazione tra la pulizia del fraseggio in fase di possesso e il posizionamento perfetto in fase di non possesso. Con una partecipazione totale della squadra.
Simone Inzaghi, che esattamente un anno fa era messo in discussione come accade inevitabilmente a tutti gli allenatori che non garantiscono continuità di rendimento alla propria squadra, oggi è riuscito a costruire una macchina perfetta. Senza possibilità di smentita, quella di oggi è la migliore Inter dai tempi del Triplete, forse addirittura un tantino più raffinata dal punto di vista del gioco corale e delle combinazioni, anche se meno ricca in tema di individualità. Una squadra che salvo clamorosi imprevisti è abbondantemente candidata alla conquista del titolo e della tanto attesa seconda stella.
Il calcio è fatto di emozioni e non di cifre, ma una spruzzatina di aritmetica può aiutare e introdurre temi più pesanti e decisivi: 6 vittorie in 7 trasferte stagionali in Italia con due sole reti al passivo, 9 partite globali senza subire gol, 10 reti realizzate dai centrocampisti. Che poi davanti ci siano il capocannoniere della serie A e un ragazzo francese capace di partecipare e 11 gol (5 reti e 6 assist) è quasi un dettaglio secondario. Tutto questo per arrivare a dire che il lavoro di Inzaghi ha annullato i difetti sottolineati in tante occasioni nella passata stagione, difetti che hanno limitato, almeno in campionato, le possibilità di contrastare il Napoli di Spalletti.
Partiamo dagli scontri diretti, visto che quello di Napoli lo era. Grave limite della squadra di Inzaghi nella prima metà della passata stagione, che ora è diventato un punto di forza. In questa prima parte di campionato, sono arrivate le vittorie contro Milan, Roma e Napoli, più il pareggio esterno sul campo della Juve. Nel girone di ritorno, l'Inter dovrà affrontare Napoli e Juventus in casa. Non un vantaggio da poco. L'altra grande metamorfosi riguarda il rapporto tra le gare di campionato e quelle di Champions. Un anno fa, l'Inter buttò via moltissimi punti nelle partite che precedevano o seguivano un impegno europeo. Quest'anno, grazie anche a un calendario meno congestionato e a un girone più semplice (l'anno scorso c'erano Barcellona e Bayern), il fattore Champions è risultato quasi indolore per i nerazzurri.
Ma se fino a qui il discorso è spaziato sui massimi sistemi, c'è un'Inter che dentro il campo regala un'immagine scintillante di sé stessa. Per cominciare, ha imparato a gestire l'emergenza in maniera perfetta. In estate si diceva: Inzaghi ha due squadre a disposizione. Vero, ma anche in questo caso ci si può trovare in difficoltà. Gli infortuni concomitanti di Pavard, Bastoni e De Vrij hanno tirato fuori l'inventiva dell'allenatore, che ha contrastato un tridente straordinario "inventandosi" Carlos Augusto difensore centrale, compito svolto con grande affidabilità.
Il dolce ovviamente arriva alla fine di tutto, ed è l'elevatissima cifra tecnica che viene espressa dalla squadra di Inzaghi. Sicuramente c'è il lavoro svolto in settimana che rende fluida la fase di possesso, che si esprime in combinazioni mnemoniche quasi impossibili da arginare con le contromisure classiche. Ma al di là di questo, ci sono poi le qualità individuali di alcuni giocatori, vale a dire il motivo principale o forse unico per il quale la gente si appassiona da un secolo a mezzo a questo gioco. Il tiro di Calhanoglu che ha portato l'1-0, i dribbling di Barella per il 2-0, gli assist di Lautaro Martinez in versione "puro diez", le parate di Sommer: questi sono gli hilites che si sognano da bambini e in molti casi anche da grandi. Queste sono le armi in più dell'Inter più forte dai tempi del Triplete.