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MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA

Caso stipendi, le motivazioni della condanna ad Agnelli: "Provata con ragionevole certezza la responsabilità"

L'ex presidente della Juventus è stato sanzionato dal Tribunale Federale Nazionale con un'inibizione di 16 mesi e un'ammenda di 60mila euro

20 Lug 2023 - 19:13

Nel tardo pomeriggio di giovedì, il Tribunale Federale Nazionale ha reso noto le motivazioni che hanno portato alla condanna di Andrea Agnelli in merito al procedimento sulle manovre stipendi. "Il Collegio ritiene provata con ragionevole certezza la responsabilità del dott. Andrea Agnelli". L'ex presidente della Juventus è stato sanzionato con una inibizione di 16 mesi e un'ammenda pari a 60mila euro. Con il caso plusvalenze, l'inibizione complessiva per Agnelli sale a 40 mesi.

IL DISPOSITIVO
“Nel merito, il Collegio ritiene provata con ragionevole certezza la responsabilità del dott. Andrea Agnelli limitatamente ai capi di incolpazione sub lettere A e B del deferimento. Quanto alla manovra stipendi 2019-2020, consistita nella postergazione delle mensilità di stipendio dei calciatori di aprile, maggio e giugno 2020 all’esercizio contabile successivo 2020-2021, costituisce dato di fatto oggettivo che la stessa abbia avuto quale effetto immediato e concreto di evitare l’appostazione in bilancio di costi e/o debiti per circa 90 milioni di euro, onde non può dubitarsi della contrarietà di siffatto modus operandi al principio contabile di competenza economica e, conseguentemente, anche della violazione del principio di par condicio con le altre società consorelle della Lega Nazionale Professionisti Serie A in punto di equilibrio economico finanziario. Nonostante le contrarie considerazioni difensive, invero, è fin da subito stato chiaro a tutte le parti coinvolte nella vicenda, i tesserati prima di ogni altro, che la disponibilità all’apparente riduzione delle mensilità sarebbe stata compensata dal contestuale, se pure apparentemente differito, impegno della società a riconoscere loro tre delle quattro mensilità. Depone, in tal senso, il documento del 28.3.2020 congiuntamente sottoscritto dal dott. Andrea Agnelli e dal tesserato Chiellini con cui le parti concordavano che “[…] la prima squadra si riduce la propria retribuzione annuale della stagione sportiva 2019/2020 di un importo corrispondente ai ratei mensili di marzo, aprile, maggio e giugno 2020” con l’espressa previsione, non subordinata ad alcuna condizione di sorta, che “nelle prossime settimane, società e calciatori perfezioneranno la formalizzazione dei singoli accordi contrattuali, come previsto dalle normative vigenti e in base all’accordo raggiunto, in cui tre dei quattro ratei saranno ridistribuiti sui contratti in essere, a partire dalla stagione 2020/2021″.

“Nella specie, quanto alla gravità dei fatti – ex art. 12, comma 1 CGS – devono rimarcarsi: la natura ripetuta in due esercizi successivi dei comportamenti censurati, in ragione di tanto attinti dal vincolo della continuazione; la rilevanza dei comportamenti ascritti, peraltro riferibili a società quotata, che hanno fornito all’esterno una rappresentazione della situazione economico finanziaria della società non corrispondente alla realtà; la consapevolezza, nell’organo apicale, della rappresentazione all’esterno di una situazione non corrispondente alla realtà societaria e, in ogni caso, la mancata adozione di atti idonei ad impedire siffatta rappresentazione non veridica, come del resto è avvenuto laddove è stato impedito il pagamento della remunerazione richiesta dall’agente Davide Lippi. Non ignora infine, il Collegio, come la sanzione debba rispondere ai canoni di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza richiesti dall’art. 44, comma 5, CGS ampiamente e diffusamente esplicitati da CFA. S.U. n. 110-2022/2023, cui si ritiene fare mero rinvio in ragione della loro condivisione. In ragione di quanto precede, pertanto, il Tribunale, ritenuta accertata con ragionevole certezza la responsabilità del deferito in ordine ai fatti ascritti, come analiticamente descritti nei capi di incolpazione sub lettere A e B dell’atto di deferimento, per quanto visto avvinti dal vincolo della continuazione, ritiene congrua la sanzione di cui al dispositivo. Da ultimo, non si ravvisano idonei motivi, peraltro nemmeno allegati, per aderire alla richiesta della difesa di oscurare i dati identificativi del deferito, comunque identificabile in ragione della carica dal medesimo ricoperta in seno alla società di appartenenza”.

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