Un punto in tre partite per i bianconeri che scivolano a -7 dall'Inter (che ha una partita in meno) e adesso rischiano il sorpasso al secondo posto da parte del Milan
di Alessandro FranchettiCon il vento in poppa di un calendario favorevole (Empoli e Udinese in casa) e la possibilità di mostrare i muscoli nello scontro diretto, avrebbe dovuto essere un viaggio in prima classe verso un'America chiamata scudetto. La Juve, invece, è andata giù come un Titanic dopo aver sbattuto contro l'iceberg nerazzurro e aver esibito tutte le fragilità fin qui nascoste nella lunga lotta a due contro l'Inter. Così, nello stretto giro di un paio di settimane, Allegri è passato da principale rivale per lo scudetto a under dog sdentato, dal possibile sorpasso all'abisso di sette punti di distanza dalla vetta che potrebbero diventare 10 (l'Inter deve recuperare la partita casalinga contro l'Atalanta). Il tutto vedendosi passare davanti agli occhi i titoli di coda nel giorno in cui festeggiava la presenza numero 405 sulla panchina della Juve agganciando al secondo posto, nella classifica all time, un certo Marcello Lippi. Peggio di così, onestamente, nemmeno nel peggiore degli incubi.
Fatto sta che nel suo toscano accentuato dalla sconfitta, il buon Max ha giustamente predicato "alma", mangiandosi una c insieme alle parole che avrebbe forse voluto dire a una squadra che si è svuotata sul più bello. Alla sua Juve è mancata lucidità, certo, ma anche la freddezza che fa la differenza tra chi vince e sa di poter vincere e chi, invece, non ha ancora quel passo lì nonostante un campionato che è ottimo e tale rimarrà. L'obiettivo era rimanere attaccati a Inzaghi e alla sua banda, magari approfittando di quei passi falsi che gli impegni di Champions possono sempre portarsi dietro, ha invece finito per assistere al trionfo degli altri, alla propria caduta.
Intendiamoci, in un'analisi che deve essere onesta del tutto la differenza tra Juventus e Inter era ed è evidente. E non si tratta di fare i conti in tasca ai valori economici delle due rose. L'Inter è più strutturata, più pronta, tecnicamente più forte. Però, adesso è chiaro, anche e soprattutto mentalmente più forte, senza crepe. Prendiamo quest'ultimo turno di campionato: i nerazzurri giocano a Roma, contro una squadra in grande crescita e molto motivata, vanno sotto 2-1, non fanno un plissé, ribaltano il risultato, tengono nel momento di maggior pressione dei giallorossi e chiudono la pratica. La Juve, al contrario, va in svantaggio abbastanza casualmente dentro un discreto primo tempo e si fa prendere dall'ansia senza riuscire a smuovere più nulla. Un topolino partorito da una montagna di ansie, che adesso deve ritrovare il modo di tenere la barra a dritta per salvare il secondo posto e correre in una stagione che ha perso in un amen l'obiettivo principale. Che era lo scudetto, le smentite in tal senso fanno semplicemente parte del gioco.
La trasferta di Verona, prossimo appuntamento per i bianconeri, ci darà la misura di quanto è stato duro questo colpo per i bianconeri. Sul rettilineo che poteva portare al sorpasso, la Signora è inciampata perdendo otto punti dall'Inter (che affrontava Fiorentina, Juventus e Roma) e sei dal Milan, ora a un solo punto di distanza. Il campionato comincia adesso, oppure, come è più logico pensare, è finito ieri.