Sarri centra la finale di Coppa Italia e tiene aperta la porta per l'en-plein
Ha masticato il mozzicone d'ordinanza per tutta la partita, mascherando una certa agitazione da "ritorno" in camminate frenetiche a bordo campo. Poi, soddisfatto o meno, ha messo la sua prima tacca sul bastone degli obiettivi stagionali: finale di Coppa Italia, fatto. Già, fatto, sia pure a giri molto lenti e in fondo a una partita che di calcio ha avuto ben poco. Eppure Maurizio Sarri, che molti juventini faticano ad amare davvero, nella notte senza suoni (e squilli) dello Stadium ha fatto il primo, vero, passo verso il triplete. Che, diciamolo, insieme alla Champions, ormai roba da seduta di psicanalisi, è il grande cruccio bianconero, il punto di rottura tra la miglior squadra italiana e quella, non a caso la rivale di sempre Inter, che ha ottenuto il più grande risultato di sempre.
Quindi importa poco come la Juve si sia guadagnata la prima finale della stagione. Conta tornare in campo mercoledì per provare a stappare la prima bottiglia di champagne abbracciando la coppa di casa. Un passo alla volta. Fino alla fine, direbbero da quelle parti.
Da quelle parti, però, c'è anche una parte di bicchiere che è rimasto mezzo vuoto. Lo 0-0 buono per la qualificazione contro un Milan in dieci per ottanta minuti - recupero compreso - e senza i piedi migliori (Theo, Ibra, Castillejo) causa squalifica non è abbastanza per considerare davvero una ripartenza i primi calci al pallone. Anche perché, non in poche occasioni, sono stati calci sbagliati. Dal rigore di Ronaldo, dato troppo precocemente in grande forma, al ritmo lento di Pjanic, dalla svagatezza di Rabiot ai ghirigori di Bernardeschi, di vera Juve si è visto quasi nulla. Mezz'ora buona, secondo Sarri. In realtà una ventina di minuti scarsi prima di tirare il freno a mano e scivolare giù verso la finale rischiando il meno possibile.
In realtà, nel nulla di un Milan auto-disinnescato (causa espulsione di Rebic), qualcosa dietro la Juve ha concesso. Il colpo di testa di Calhanoglu, per dire, avrebbe potuto essere davvero pericoloso come pericolosi avrebbero potuto diventare due o tre conclusioni da buona posizione lasciate agli uomini di Pioli. Insomma, motivazioni non da serata di gala, ritmo lento e anche una certa indolenza. Frutto, questo è certo, dei mesi di inattività non tanto fisica quanto mentale. Resta, comunque vada, il solo fatto incontestabile: che Sarri, vada come vada, per il momento continua la corsa verso tutti i suoi obiettivi. Mercoledì la Coppa Italia, poi sotto con il campionato, infine la Champions. In fondo tutto senza respiro. Un primo, lento, passo verso il grande obiettivo del triplete è stato fatto. Il resto si vedrà.