I bianconeri perdono la loro terza partita stagionale, la seconda in casa dopo quella con l'Empoli
Meno 5 punti rispetto all'anno scorso (allenatore Pirlo) e meno 11 rispetto a due anni fa (allenatore Sarri). Terza sconfitta in dieci giornate, di cui due casalinghe con Empoli e Sassuolo. Parlare di crisi, in casa bianconera, è quasi riduttivo. Si potrà analizzare un centrocampo di scarso livello tecnico, un attacco limitato da un Morata in versione fantasma, la serata no di Chiesa o quella di un reparto arretrato meno attento del solito.
Oppure si può parlare di "mancanza di lucidità", di "gestione sbagliata degli ultimi minuti" o di squadra diventata nevrotica", come ha fatto Allegri. D'altra parte per lui il calcio è fatto soltanto di individualità. Peccato che possa capitare di perdere in casa contro una squadra nettamente inferiore da quel punto di vista, in una serata in cui il tuo giocatore più tecnico, Dybala, è il migliore in campo. Per l'allenatore bianconero si riduce tutto alla valutazione dello stato di forma del singolo (che si capisce osservandolo da vicino, come con i cavalli alla vigilia della corsa) e alla capacità di fare il cambio giusto dalla panchina, il resto è roba da scienziati che di calcio capiscono poco o nulla.
Andrebbe però spiegato, ragionando così, come sia possibile che una squadra nettamente inferiore tecnicamente possa vincere a Torino dimostrando come l'organizzazione di gioco possa fare la differenza. La Juventus è stata impostata secondo le proprie caratteristiche e, oggettivamente, è complicato pensare di dare un gioco fluido a una squadra così. Ma è altrettanto vero che le tracce di gioco, dei principi chiari e riconosciuti, possano spesso aiutare a ritrovare il filo della manovra. Questa Juve sembra abbandonata a sé stessa, impegnata soltanto a pensare al modo di sfruttare la giocata del singolo che, a volte, non può bastare a cambiare una partita.