I bianconeri si portano a casa il derby e perseguono il buon momento che parla di quattro successi consecutivi in campionato
I cantori bianconeri, esaltati dai 50 punti in classifica (quelli al netto della penalizzazione), intonano peana a questa Juventus al secondo posto solitario. Che comunque, anche senza le note sentenze, sarebbe a -15 dalla capolista. Questa estate la squadra di Allegri era considerata una delle più forti d'Europa, dopo una campagna acquisti faraonica avallata da un allenatore che, al contrario di tanti, ha potuto chiedere e ottenere quello che voleva sul mercato.
A inizio marzo, la regina della campagna trasferimenti estiva e in possesso di una rosa da fare invidia ai migliori club del mondo, è lontana dalla capolista e fuori dalla Champions League già da novembre (al termine di un girone in cui ha perso 5 partite su 6 e l'unica vittoria è arrivata in casa contro il Maccabi Haifa). Ora la Juve naviga a vista in un campionato in cui viene spinta dalla grande stampa cartacea e televisiva verso traguardi che parlano di un'impresa stratosferica, quella che porterebbe i bianconeri a conquistare un posto nella prossima Europa che conta nonostante la penalizzazione. I problemi vengono messi sotto al tappeto, come quando sono arrivate le 8 vittorie di fila prima che il Napoli rimettesse a posto le cose.
Basta comunque battere il Torino in rimonta, dopo aver spezzato le reni a Salernitana, Fiorentina e Spezia in campionato e al derelitto Nantes in Europa League, per ritrovarsi al centro delle cronache come l’Invincibile armata. Si è capito che il modo in cui arrivano le vittorie è un opional per chi ha fatto del mantra "vincere non è importante, è l'unica cosa che conta" il suo manifesto programmatico. Il problema è che i successi che arrivano su calcio piazzato (3 gol su 4 contro i granata), in modo casuale, o sfruttando la migliore rosa del campionato, portano punti, ma è la continuità quella che porta ai risultati a lungo termine. Se no sarai sempre una squadra discontinua.
Non è una questione di gioco offensivo, di possesso palla (lasciato spesso al Torino nel derby) o di una manovra fluida e continua. Il problema è sempre quello di averla, un'organizzazione. Fosse anche di chiara marca difensiva, come capita a tante squadre che non rubano l'occhio dello spettatore ma vincono. La Juve, tolti i tiri da fermo, contro i granata ha avuto una sola idea: quella di sfruttare le progressioni di Kostic sulla sinistra. Da lì è arrivato l'unico gol su azione, il primo, quello di Cuadrado. Il resto lo fa Di Maria, che si prende la squadra sulle spalle in ogni zona del campo e inventa giocate geniali anche quando non è nella sua serata migliore, e una panchina da cui possono entrare giocatori come Chiesa, Bonucci, Pogba e Kean. Il merito di Allegri è quello di mantenere sempre alta la concentrazione in una squadra che si è vista catapultata a -15 punti in classifica. Se avesse deciso, nei quasi due anni da quando è tornato in bianconero, di dare anche una logica ai suoi (anche una logica soltanto difensiva, ma una logica), la Juve sarebbe agli ottavi di Champions League e avrebbe almeno dieci punti in classifica in più. Ma a molti tifosi bianconeri e ai cantori di giornali e tv, va bene così.