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L'EDITORIALE DI BRUNO LONGHI

L'editoriale di Bruno Longhi: la democrazia interista e il tramonto dell'ultima certezza

La diciottesima giornata di Serie A ha visto il Napoli rialzarsi, battere il Milan e consegnare il titolo d'inverno all'Inter

di Bruno Longhi
20 Dic 2021 - 08:08

Avevamo almeno una certezza, relativa al fuorigioco. Nell’ultimo week-end pure questa si è incrinata. Abbiamo scoperto a San Siro che si può essere in off-side standosene sdraiati e impossibilitati a fare altrimenti, e che -come a Bergamo - si può essere in fuorigioco anche su un autogol. Tralasciando il dibattito, merce tanto cara ai moviolisti, i risultati di questa diciottesima giornata hanno sancito il titolo d’inverno dell’Inter e il percorso parallelo di Milan e Napoli: entrambe arrivate a quota 39 punti, ed entrambe reduci da soli 7 punti racimolati nelle ultime 6 partite. Troppo pochi se confrontati ai 18 dei nerazzurri di Inzaghi.

LE ASSENZE MINANO MILAN E NAPOLI, MA SPALLETTI...
Le assenze hanno inciso e molto sul lavoro di Pioli e Spalletti. E la partita di ieri, che ha premiato la sofferenza degli azzurri, ci ha mostrato comunque due squadre diverse da come le conosciamo, e non poteva essere altrimenti. Il Napoli ha edificato la sua vittoria sul corner di Zielinski deviato da Elmas, lottando poi su ogni pallone per ovviare alle assenze di pesi massimi quali Fabian, Koulibaly, Insigne, Osimhen che hanno però permesso a Spalletti di riscoprire la valenza di Petagna o di Juan Jesus. Il Milan, sia chiaro, non può fare a meno della spinta di Hernandez e di Leao. Ma di questi tempi quale contraltare alla massiccia intensità mostrata dalla squadra nei 95 minuti, latita la qualità in mezzo al campo anche per il calo evidente di Brahim Diaz. Ed è questa la ragione per cui nel finale -come già a Udine - Pioli ha provato a semplificare la manovra aggiungendo a Ibrahimovic l’altra torre Giroud. E nel finale i pericoli per il Napoli sono arrivati. E come a Udine è pure arrivato il gol sul filo di lana. Ma poi il Var ha detto la sua.

LA DEMOCRAZIA INTERISTA DETTA LEGGE IN SERIE A
L’Inter è quindi campione d’inverno
e il suo grosso merito attuale penso sia - al di là del gioco e dei tanti gol- l’essere democraticamente normale oppure normalmente democratica. E’ infatti una squadra dove non esiste il singolo che fa titolo, il personaggio che mediaticamente si sovrappone alla personalità degli altri. Non c’è l’Icardi della situazione, oppure Lukaku. E nemmeno la figura trainante come quella di Conte. Ha un allenatore normale, come normali sono le sue esternazioni. Un capitano silenzioso. Giocatori che entrano in campo , e ne escono, senza alterare i meccanismi di squadra o gli umori dello spogliatoio. Ha una spiccata diversità rispetto a quella delle altre big , spesso raccontata attraverso le gesta o il carisma del personaggio più in vista: Ibrahimovic per il Milan, Allegri o Dybala per la Juve, Osimhen o Spalletti per il Napoli. Mourinho o Zaniolo per la Roma. Vlahovic per la Fioretnina. E’ una squadra, punto e basta. In cui tutto pare funzionare alla perfezione.

LA RICERCA INCOMPIUTA DI ATALANTA, ROMA E JUVENTUS
Perfezione che ancora stanno cercando di trovare Atalanta, Roma e Juventus. La Dea ha nuovamente deluso in casa. Ed è francamente inspiegabile lo score differente tra le gare giocate a Bergamo e quelle in trasferta. Contro la Roma ha perso 4-1 ma io sto dalla parte di Gasperini quando si lamenta per il gol del 2-2. Cancellato dal Var. Perché -come dicevo prima- non si era mai visto prima di sabato annullare un autogol. Comunque sia, ai giallorossi va il merito di aver lottato su ogni pallone, di aver sfidato i nerazzurri sul loro terreno prediletto. E a Mourinho d’aver badato ai fatti e non più alle sole parole, riproponendo quel calcio “anni sessanta/settanta”, difesa chiusa e ripartenze letali, che può ancora essere una risorsa in tempi di magra. Lo stesso calcio che la Juventus ha parzialmente messo in mostra a Bologna, dove ha fatto due gol, mentre la squadra di Mihailovic si è sprecata a fare inutilmente la partita. E da ciò si evince che il pragmatismo di Mourinho e Allegri finalmente paga, visto che le loro squadre sono ora accampate al quinto posto a meno sei dalla zona Champions. Merito del loro calcio un po’ d’antan, ma anche dell’ennesima impresa del Sassuolo che pareggiando sul campo di una bellissima Fiorentina ne ha arrestato parzialmente la sua marcia.

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