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C'erano tutti i presupposti per andare avanti come nella passata stagione ma tra andata e ritorno i nerazzurri hanno sprecato tantissimo
di Enzo Palladini© Getty Images
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L’Inter va fuori dalla Champions League, l’Italia rimane senza rappresentanti nei quarti di finale. Ma stavolta non ci sono scuse. Se Lazio e Napoli hanno trovato avversarie molto più forti di loro, l’Inter aveva l’opportunità di andare avanti, aveva di fronte un Atletico in fase calante. C’era tutto per portare a casa una qualificazione che invece non è arrivata. Con chi prendersela adesso? Solo con sé stessi.
Gli errori si pagano sempre nel calcio. Il prezzo è proporzionale all’importanza della sfida: in una partita di Champions raggiunge il massimo degli oneri. Chi sbaglia paga e l’Inter ha sbagliato tanto, tantissimo. Sia all’andata che al ritorno. A San Siro ci sono state le conclusioni sconclusionate di Arnautovic, che poi ha messo la firma sull’unico gol. Una partita che poteva finire tre o quattro a zero è rimasta in bilico fino alla fine. Ma si partiva comunque da una posizione di vantaggio, c’erano due risultati utili su tre. Nessuno dei due è uscito.
Al netto di una partita giocata alla morte dall’Atletico, l’Inter ha avuto tutte le possibilità di portare a casa il risultato e la qualificazione. Ma se all’andata gli errori erano quasi tutti ascrivibili a un solo protagonista, al ritorno sono stati diversi i complici di questo auto-killeraggio interista. Ha cominciato Dumfries, buttando via una ripartenza che l’aveva messo solo davanti al portiere avversario. Poi è toccato a Thuram e a Barella completare la scorpacciata di occasioni sbagliate, sempre in momenti che potevano essere letali per l’Atletico Madrid. In una serata che non ha visto Lautaro Martinez incidere come al solito negli ultimi venti metri, dal capitano sono invece arrivate giocate preziose che potevano scrivere la parola fine sul discorso qualificazione. Tutto inutile, come decretato dal verdetto finale. I rigori sono un dettaglio, si sa che a quel punto dipende più dalla fortuna che dall’abilità tecnica.
Nella serata del Civitas Metropolitano agli errori in attacco si sono aggiunte delle sbavature difensive che l’Inter di quest’anno non ha mai sofferto. Sul primo gol è soprattutto Pavard a pasticciare, sul secondo una dormita collettiva che ha come utente finale De Vrij, uno che dovrebbe conoscere alla perfezione le caratteristiche del suo connazionale Depay. Invece, libertà quasi totale di segnare il gol che ha portato ai supplementari. Completata la rassegna degli errori individuali, a essi si può aggiungere anche qualche errore collettivo e concettuale, come quello di lasciarsi schiacciare troppo, di aspettare troppo durante le folate furiose degli spagnoli. Facile a dirsi da fuori, ma sono proprio quelli i momenti in cui un allenatore deve dare alla squadra quel qualcosa in più che può cambiare il destino di una partita così importante.
Il rammarico per queste occasioni sprecate aumenta alla massima potenza se si pensa a come sta andando il campionato. Con uno scudetto quasi conquistato e un vantaggio da amministrare (aggiungiamo; con una rosa ricchissima), sarebbe stato molto più semplice per Simone Inzaghi gestire il cammino che avrebbe potuto portarlo anche quest’anno molto avanti nella manifestazione più importante. Invece per i prossimi due mesi e mezzo il livello di adrenalina è destinato inevitabilmente ad abbassarsi, resta solo il brivido della data in cui verrà festeggiato il ventesimo scudetto. Poteva andare molto diversamente, bastava sbagliare un po’ meno. E non c’è nessun soggetto terzo con cui prendersela.