Nella prima fase, passata senza brillare, alla fine ci salva l'istinto di sopravvivenza
di Alberto Brandi© ipp
C’è poco di tennis, atletica, scherma, pallavolo, scegliete voi gli sport che tirano in Italia, quelli che fanno suonare l’inno di Mameli anche quando le gare sono finite e non solo prima.
Ma c’è un segno distintivo nell’Italia del calcio che all’ultimo respiro agguanta il secondo posto e l’ottavo con la Svizzera. Che fa parte della nostra cultura da sempre: l’arte di arrangiarsi, di trovare sempre un modo di farcela, di pareggiare le partite come di arrivare a fine mese.
Così tra un lamento e l’altro, “dobbiamo giocare a tre”, “non abbiamo attaccanti”, “eh ma il blocco Inter” e “Di Lorenzo è finito” anche stavolta l’abbiamo portata a casa. E per un attimo ci abbracciamo e siamo tutti felici e contenti. Ma questa Italia che raggiunge l’obiettivo minimo non può bastare. Né per soddisfarci, né per andare avanti. Ci vuole di più. Per il rispetto del movimento, di quello che è considerato lo sport nazionale, per i tifosi. E, più banalmente, per battere la Svizzera e giocarcela ai quarti.
Di questa prima fase salviamo la reazione dopo il gol lampo dell’Albania, una decina di minuti di fiammate contro la Croazia, il mostruoso Donnarumma (dove sono finiti i critici?) e il sempre più emergente Calafiori. Poi facciamo fatica a trovare altro che sia all’altezza delle nostre aspettative. Spalletti compreso. Al quale ci siamo aggrappati per tornare a sventolare una bandiera uscita dagli armadi solo nell’estate di tre anni fa, giusto per un mese. Ci credevamo, anzi ci crediamo ancora, per la sua idea di calcio, perché abbiamo ancora negli occhi la magnifica stagione col Napoli, perché ne conosciamo la passione, l’applicazione, la voglia di cambiare mentalità. Invece siamo per il momento ancora noi. Quelli di sempre. Che alla fine provandole tutte, mettendo quello e togliendo l’altro, spostando giocatori da destra a sinistra, in mezzo al caos, tra botte prese e date, troviamo una palla portata avanti da Calafiori con la potenza di Jacobs, la caparbietà di Tamberi e la precisione di una fiorettista, una palla che finisce sul piede di Zaccagni, autore una conclusione precisa come un passante di Sinner. Così per un’azione anche il calcio è stato come gli altri sport che negli ultimi tempi ci hanno reso orgogliosi di essere italiani. Se è stato un punto di svolta lo capiremo tra cinque giorni.