Logo SportMediaset
In evidenza

Seguici anche su

Lazio, Tare: "La Juve? Una volta il quarto uomo ci disse..."

Il ds alla Gazzetta: "Il loro potere si avvertiva, oggi controllano il mercato ma per Inzaghi..."

02 Mar 2018 - 15:54

E' talmente bravo che oggi non stupisce niente di quello che fa. Non stupisce quando strappa accordi convenienti per la cessione di giocatori in scadenza di contratto né quando riesce a scovare, chissà dove e chissà come, talenti di cui nessuno ha nemmeno sentito parlare. Igli Tare è il braccio armato di Lotito. E' l'uomo che realizza i sogni del presidente della Lazio e ha costruito, insieme a lui, questa squadra bella e competitiva. Ricostruito, per la verità: ricordate dov'era finita la Lazio solo qualche anno fa? Il racconto che Tare fa alla Gazzetta parte da lontano. Dall'inizio. "Entrai nell’ufficio di Lotito per firmare un rinnovo “1+1” e ne uscii d.s. della Lazio - racconta -. O meglio: potevo esserlo, dipendeva da me. Aspettai 5-6 ore prima di entrare, capii subito che c’era qualcosa nell’aria: mi guardava strano. Poi mi diede un foglio, c’era disegnata la Lazio 2008-2009: “Che ne pensi?”. “Io faccio il calciatore, perché lo chiede a me?”. “Perché mi daranno del pazzo, ma ti voglio d.s.: penso a questa scommessa da due anni. Una voce dentro mi diceva già che avrei accettato: nella vita ho sempre scelto di fare la cosa più difficile”.

Tra le cose difficili c'è ovviamente la ricerca di nuovi talenti in giro per il mondo. "Metodo Tare? Non c’è, e non ci sono osservatori: non amo lavorare in tanti - dice -. Ho un collaboratore per i dati, uno che mi prepara clip dei giocatori, uno per l’analisi degli avversari. E poi i report di tanti amici in giro per il mondo. Ma la cosa che fa davvero bravo un d.s. è capire prima come può diventare un giocatore sconosciuto. E vederlo non basta: ci devi parlare“.

Logico pensare immediatamente a Milinkovic-Savic, uno arrivato per una manciata di euro e pronto a essere messo sul mercato a prezzi da top player. Lo vuole mezza Europa. Lo hanno seguito, hanno provato qualche timido approccio e tra qualche mese proveranno a presentarsi da Lotito con l'offerta giusta. Tra le pretendenti non poteva ovviamente mancare la Juve...
"Contro la Juve ho segnato e vinto una volta sola: 2-0 Brescia nel 2002, 7' di recupero, mai visto. Mazzone urlò: Che è sta roba? e il quarto uomo: Mi vergogno, ma scrivo i minuti che mi dicono. Il potere Juve lo avvertivi come oggi avverti che hanno i mezzi per controllare il mercato italiano, la loro politica aggressiva sui giovani di prospettiva". E ancora: "Il contrasto politico Lotito-Agnelli è lampante. Ma con Paratici zero problemi: neanche per Keita, Milinkovic o De Vrji, che non andrà alla Juve anche se il suo nome è passato sul loro tavolo. Inzaghi? Non mi dà fastidio sentire le voci che lo accostano alla Juve: si cresce, ma devono ancora succedere cose e passare un paio di anni".

Ma Milinkovic-Savic, dicevamo: "Era al Vojvodina - racconta Tare -, lo seguii grazie a un amico. Alto come me, e quelle doti tecniche: un crack, ma non potevo garantirgli di giocare quanto gli serviva. Lo monitorai al Genk per mesi, poi andai a prenderlo. La Fiorentina aveva contattato suo padre e fu per rispetto a lui che Sergej andò a Firenze quel giorno, poi rispettò me e il rapporto creato con i suoi agenti”.

Meno facile è il rapporto con gli agenti di un altro giocatore importante e, però, pronto a lasciare la Lazio: De Vrij. "Se ho mai diffidato degli agenti dell'olandese? No, la percentuale della sua agenzia non c'entra nulla. In carriera ho fatto il classico passo falso da gavetta, il mancato acquisto di Pastore. Simonian mi fece avere il suo dvd, dissi “Top”, ma due agenti mi fecero credere che lui non c’entrasse con il ragazzo. C’entrava eccome, da allora diffido di certi agenti".

Resta il tempo per un racconto personale. Quella volta che, ricorda Tare, rischiò addirittura di morire: "Si disse che avevo avuto un malore, ma era molto di più. Finché non me l’hanno detto non ci credevo: “Per una cosa come la sua ci sono rimasti in tanti”. Si figuri che prima di entrare in sala operatoria chiesi: “Ma devo lasciare il telefono?”. Nove giorni in terapia intensiva, più di là che di qua, ma me l’ero cercata: chiari sintomi di stress a livelli di guardia e andai con la squadra a Napoli fregandomene del fatto che me l’avessero vietato. La Lazio si giocava i preliminari di Champions, io qualcosa di più: c’era poco da sentirsi eroi, il giorno dopo ero sotto i ferri”.

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri