A parlare in esclusiva a Sportmediaset.it è il 34enne costretto al ritiro per una patologia cardiaca
Appendere gli scarpini al chiodo dopo una intera vita dedicata al calcio non è mai facile. Ma è ancora più complicato se sei costretto a farlo a 34 anni per una patologia cardiaca dopo che capisci di aver rischiato più volte la vita. E’ quello che è successo ad Andrea Orlandi, calciatore spagnolo ma di origini italiane, che lo scorso gennaio aveva rescisso il suo contratto con il club indiano del Chennaiyin FC per tornare in Italia e giocare con la Virtus Entella in Serie C. “E’ stata la mia fortuna - racconta lo stesso Andrea in esclusiva a Sportmediaset.it -. Il 31 gennaio ho firmato con il club ligure e il giorno successivo ho raggiunto Chiavari per le visite mediche. Già nei primi controlli si era manifestato qualcosa di sospetto, poi mi hanno messo un holter. La cicatrice sospetta riscontrata nella risonanza a cui mi sono sottoposto è stata una ulteriore conferma e non mi hanno potuto concedere l’idoneità sportiva per una cardiopatia. L’Entella mi ha aiutato tantissimo mettendomi poi a disposizione uno dei migliori cardiologi italiani che è il professore Zeppilli: abbiamo anche parlato di una possibile operazione ma poi si è convenuto che fosse inutile rischiare”.
Orlandi adesso è più sereno ma i primi giorni dopo la terribile notizia sono stati a dir poco complicati: “Ora sto elaborando il mio lutto sportivo ma devo dire che appena ho saputo il tutto ho pianto perché ho pensato immediatamente a mia moglie e alle mie figlie. E’ incredibile quanto ho rischiato in questi anni: se ci penso mi vengono i brividi. Sto attraversando un momento duro perché vi assicuro che non è facile ma posso comunque considerarmi un ragazzo fortunato. Non finirò mai di ringraziare l’Entella: senza di loro non avrei mai scoperto tutto ciò”.
Il centrocampista prosegue il suo racconto parlando anche di quanto accaduto a due suo ex compagni: “Ero convinto di avere un cuore forte e questo mi ha lasciato di stucco anche perché fino ad ora in tutte le visite mediche che avevo affrontato non era stato riscontrato nulla di anomalo. Quando ero allo Swansea un mio collega, Besian Idrizaj, era morto nel sonno per un infarto. Inoltre con Daniel Jarque, capitano dell’Espanyol, deceduto a 26anni sempre per un attacco al cuore avevo giocato insieme nelle giovanili del club spagnolo. Voglio comunque tranquillizzare tutti i mie colleghi: in Italia chi gioca a calcio è molto tutelato, possiamo stare tranquilli. Pensate che tanti calciatori mi hanno chiamato per chiedermi nel dettaglio quali esercizi avessi fatto per far emergere questa mia problematica”.
Tra pochi giorni Andrea tornerà a Barcellona, la città in cui vive, per approfondire meglio il suo problema ma anche per riprendere la vita di tutti i giorni e programmare il futuro: “Mi prenderò un po’ di tempo per capire esattamente la mia patologia e poi dovrei iniziare in Inghilterra l’iter per diventare allenatore e proseguire quindi la mia avventura nel mondo del calcio”. Proprio dal mondo del calcio Orlandi ha ricevuto un grande affetto in questi difficili giorni: “Non sono stato lasciato solo e in tanti mi stanno chiamando per manifestarmi la loro vicinanza: dai dirigenti dello Swansea e del Brighton, club in cui ho giocato, fino ad arrivare a Eugenio Corini”.
La carriera di Orlandi non è stata affatto noiosa: il centrocampista ha giocato in tante parti del mondo. Dalla Spagna (Alavés e Barcellona), passando per l’Inghilterra (Swansea, Brighton e Blackpool), per Cipro (Anorthosis e Apoel), per l’Italia (Novara ed Entella) fino ad arrivare all’India (Chennaiyin): impossibile non chiedergli del celebre Barcellona di Ronaldinho con il quale lui ha giocato diversi anni ed esordito nel 2006: “L’allenatore era Rijkaard e non dimenticherò mai la prima partita disputata lì. Era un sabato sera, il primo impegno nel campionato, già vinto, dopo il trionfo nella finale di Champions League contro l’Arsenal: potete immaginarvi come ero teso a differenza dei miei compagni che avevano l’obiettivo di far segnare Eto’o per farlo diventare capocannoniere: fortunatamente ci riuscimmo subito. Giocavo da terzino, il giorno non sono riuscito a mangiare per la tensione. Rimarrà qualcosa di indimenticabile anche per i grandiosi compagni che avevo, primo fra tutti Ronaldinho: una qualità e un fisico pazzesco. Lo ritengo tra i migliori di sempre, peccato gli sia mancata un po’ di continuità per entrare nell’olimpo dei migliori”. Una avventura bellissima, quasi l’opposto di quanto gli è accaduto in India con il Chennaiyin: “Dopo i primi mesi in albergo andammo a vivere in alcuni appartamenti: un’esperienza da dimenticare. Inoltre si mangiava malissimo”.
Adesso Orlandi è chiamato alla sua impresa più grande: ripartire dopo questo terribile shock. E noi di Sportmediaset gli auguriamo il meglio: Forza Andrea!