Nel giorno in cui il serbo avrebbe compiuto 56 anni il fratello minore ha raccontato del loro rapporto: "Da bambini era lui che badava a me"
Una giornata che non può essere come tutte le altre. Oggi sarebbero state 56 le candeline spente da Sinisa Mihajlovic. Calciatore, allenatore, uomo speciale: arrivato in Italia 23enne, ha saputo conquistare un Paese intero, entrando nel cuore di tifosi, addetti ai lavori e non solo. Come del resto dimostrano tutte le squadre in cui è passato che oggi hanno deciso di omaggiarlo ricordandolo. E chi, a poco più di due anni dalla sua scomparsa, può raccontare meglio chi fosse Sinisa se non suo fratello minore, Drazen, che per l'occasione ha rilasciato una profonda e toccante intervista alla Gazzetta dello Sport: "Il primo ricordo che ho di lui non è mio, ma suo" inizia a raccontare. "Me lo ha raccontato tante volte e fa capire chi era mio fratello. Avrà avuto forse sei anni, io appena due. I miei andavano a lavorare presto e non c'erano soldi per la tata e per consentire a Sinisa di andare all'asilo, così a me la mattina dopo le 6 doveva pensare a lui. Per cui usciva di casa, mentre io ancora dormivo, e andava a comprare il latte e il pane per la colazione, ma nonostante facesse già cose da adulto era solo un bambino con tutte le paure di chi ha quell'età. Per cui quando tornava a casa si fermava spalle alla stufa fermo immobile con gli occhio sbarrati a guardare la porta di casa per paura che entrasse qualcuno".
La guerra, la povertà, la paura. Tutto cancellato da quel "rumore" che per Sinisa aveva il suono di un sogno: "Per giornate intere scagliava pallonate contro la serranda del garage, costringendo i nostri genitori a cambiarla diverse volte. Mirava agli incroci: sono nate così le sue punizioni vincenti". Proprio quei calci piazzati che l'hanno fatto diventare leggenda nel nostro campionato. Ma per il suo Paese, la Serbia, Sinisa è molto di più di una leggenda sportiva: è un vero e proprio simbolo: "Nonostante abbia giocato poco qui è rimasto un idolo assoluto. E non mi riferisco solo ai tifosi della Stella Rossa per la storica vittoria della Coppa Campioni 1991".
Una storia fantastica interrotta prematuramente dalla terribile malattia che ha portato via Mihajlovic, la leucemia. Drazen racconta il momento in cui ne vennero a conoscenza: "Ero in Sardegna con lui e con la sua famiglia. Una mattina si alzò e quasi non riusciva a camminare. Pensavamo si trattasse di un'infiammazione o uno stiramento, lo presi in giro, dicendogli che sembrava un 90enne e invece...".
Ma Sinisa era un lottatore, in campo e fuori. Tanto che sembrava fosse riuscito a vincere anche la sfida con la malattia. Poi la terribile notizia della ricaduta che questa volta nemmeno la donazione di midollo di Drazen ha potuto frenare: "Pareva che con il mio midollo potessero aumentare le possibilità di guarigione. So che non è colpa mia, ma non averlo salvato è una ferita che non si rimarginerà mai. Il giorno in cui se n'è andato sono rimasto tutta la notte con lui. Gli ho detto quello che tra uomini non ci si dice mai. Oggi lavoro perché non venga dimenticato: curo tutte le iniziative possibili per celebrarlo, in Italia e in Serbia. Gleil'ho promesso".