Il tecnico del Bologna si racconta nella sua autobiografia: "Mancini amico ritrovato, in Donnarumma ho rivisto quello che vidi in Francesco"
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Sinisa Mihajlovic si è aperto nella sua autobiografia, intitolata 'La partita della vita', e dopo le anticipazioni dei giorni scorsi emergono nuovi stralci e aneddoti curiosi. Come quelli riguardanti Francesco Totti, suo giovane compagno ai tempi della Roma a inizio anni '90: "Sono stato io farlo lanciare in A da Boskov - ha spiegato l'allenatore serbo - È stato con Prosinecki il calciatore più forte con cui abbia giocato. Baggio, Del Piero, Mancini, Zola… Totti era più completo di ognuno di loro. Ha fatto 250 gol e più di 1000 assist. Guardando chi ha vinto il pallone d'Oro, fa effetto che non sia mai stato assegnato a lui".
L'amicizia col 'Pupone' dura ancora oggi anche se, esordi a parte, i due sono stati a lungo rivali: "Quando ha avuto problemi con la Roma, all'epoca di Carlos Bianchi, volevo portarlo alla Samp. Quando stava per smettere gli ho proposto di venire al Torino e di fare il mio secondo. Ma non voleva staccarsi dalla Roma...".
Un ruolo importante nella carriera di Sinisa lo ha giocato anche l'attuale ct azzurro Roberto Mancini: "Il grazie più convinto glielo devo per l'inizio dell'avventura da allenatore (come suo vice all'Inter, ndr). Accanto a lui in panchina ho iniziato a capire la differenza tra vedere una partita con gli occhi di un calciatore e guardarla con gli occhi di un tecnico. Durante le azioni notavo che Mancio non guardava mai il pallone come fanno tutti, me compreso quando ero vicino a lui, ma il campo, le posizioni, i movimenti di chi era senza palla, perfino lontano dall'azione. 'Ma cosa guardi?', gli chiesi una delle prime volte credendolo distratto. 'Guardo tutto il resto ed è quello che si deve fare'".
Il rapporto tra i due si è un po' raffreddato quando si sono trovati sulle sponde opposte del naviglio: "Non ho sentito il suo affetto quando sono approdato al Milan. Come se non avesse piacere a dividere la scena nella stessa città su sponde opposte. So come è fatto Mancio, conosco la sua concezione dell'amicizia, della tribù, di cui vuole essere il capo".
Un'amicizia un po' sbiadita è però tornata in un momento delicato: "È stato il primo a venirmi a trovare al Sant'Orsola. L'ho visto entrare a sorpresa nella mia stanza con camice, cappellino e mascherina. In quel suo 'Ciao Sinisa' ho risentito la voce del ragazzo scapigliato, nato leader, che mi accolse a Genova, il suo regno, nel 1994".
Tra i tanti aneddoti, anche quello riguardante l'esordio di Gianluigi Donnarumma, nel 2015: "In settimana informo Galliani: mi ripete tre volte se sto scherzando. Io ho deciso, non ho mai fatto questioni di età. A Brescia convinsi Boskov a far esordire Totti. In quel momento vedevo lo stesso futuro negli occhi di Donnarumma. Sabato Berlusconi viene a Milanello e io taglio corto: presidente, ci sono solo due possibilità.. Lei mi esonera e allora gioca Lopez. Lei non mi esonera e allora gioca Donnarumma. Non volevo mancare di rispetto a Berlusconi, ma le scelte finali spettavano a me. Forse lì si è aperta la seconda crepa...".