Tecnico e squadra viaggiano su binari paralleli, ma la rosa a disposizione del portoghese è incompleta. E la squalifica di Theo è già un problema
I problemi sono così tanti e distribuiti su tutti i livelli che individuare un responsabile della crisi del Milan è tutto fuorché semplice. Il focus, però, che nello stretto giro di qualche settimana si è spostato da Paulo Fonseca ai senatori della squadra, ha sorvolato su una delle cause di questo stentato avvio di stagione, vale a dire il mercato, a essere generosi, incompleto, fatto dalla triade Ibrahimovic-Furlani-Moncada nella scorsa estate. Il punto è chiarissimo e la squalifica di Theo Hernandez dopo la folle espulsione a gara terminata a Firenze, non tarderà a mettere in evidenza le lacune della rosa messa a disposizione del tecnico portoghese. Proprio un vice-Theo, ad esempio, non c'è. Certo, Terracciano sulla carta può ricoprire quel ruolo, ma la distanza tecnica tra il francese e l'ex Verona è obiettivamente molto ampia, come ampia è la forbice che separa Morata e Abraham dal loro naturale sostituto, vale a dire Luka Jovic.
Che i "subentranti" non siano all'altezza dei titolari è piuttosto chiaro. Okafor non è Leao, Chukwueze non è Pulisic, Musah non è Fofana, giusto per citarne solo tre. Ma i nodi vengono al pettine soprattutto nel ruolo di regista dove, tolto l'infortunato Bennacer, che comunque è stato sul mercato fino all'ultimo minuto, non c'è un solo giocatore nel Milan con quel tipo di caratteristiche. Per buona pace della costruzione dal basso che, nei fatti, è sempre molto faticosa.
Alternative ci sarebbero al centro della difesa, dove però incomprensibilmente Pavlovic ha perso lentamente terreno nei confronti dell'ottimo Matteo Gabbia, unico realmente inamovibile nel settore, e di Fik Tomori, mai davvero solido come il compagno di reparto e quindi, inspiegabilmente, escluso dalle rotazioni. Le rotazioni stesse stanno diventando una questione: nel tentativo di dare forma alla sua squadra, Fonseca ha preso a utilizzare sempre gli stessi undici. Il che porta, naturalmente, a un sovraccarico di lavoro che, a lungo andare, peserà sulle prestazioni. Ma questo, al momento, è un discorso a parte.
Resta il fatto che la squadra non sembra essere stata costruita benissimo e che qualche colpa, quindi, andrebbe attribuita anche a una linea dirigenziale che ha scelto di mantenere sempre un profilo basso e di lavare i panni sporchi in casa propria. E' una scelta, magari anche comprensibile, che non sta pagando. Il tempo per porre rimedio c'è, la volontà chissà. Lo scopriremo a gennaio, quando qualche toppa potrà essere messa, sperando, per il tifosi del Milan, che non sia già troppo tardi.