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L'ANNIVERSARIO

Estudiantes-Milan 1969, Combin: "Pensavo di morire"

L'argentino ricorda la coppa Intercontinentale vinta con i rossoneri: "Mia mamma assistette al mio massacro"

21 Ott 2019 - 12:34
 © Getty Images

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La prima coppa Intercontinentale del Milan è vicina ad un prestigioso anniversario, quelli dei 50 anni: il 22 ottobre 1969 i rossoneri perdono 2-1 a Buenos Aires contro l'Estudiantes ma alzano la coppa in virtù del 3-0 casalingo (a quei tempi si giocava andata e ritorno). Ma quella finale più che una partita di calcio fu una mattanza, con i giocatori della squadra argentina che fanno partire una caccia all'uomo dal primo all'ultimo minuto: in tanti uscirono malconci, da Rivera a Prati, ma fu Nestor Combin ad avere le conseguenze più serie.

Il franco-argentino fu preso di mira sin dall'aeroporto: "Vedo un soldato con la mitraglietta che mi fissa. Pensai: ahi, questi ce l'hanno con me" racconta a Il Giornale. Combin era considerato un disertore per non aver prestato servizio militare ma c'erano anche altre motivazioni dietro all'odio: oltre alla naturalizzazione francese, l'aver segnato all'andata. Per questo volevano fargliela pagare: "Mi arrestarono per renitenza (a fine partita, poi fu rilasciato grazie anche all'intervento del presidente argentino Ongania, ndr) ma in carcere finirono i miei aguzzini". E infatti il portiere Poletti fu radiato mentre Aguirre Suarez e Manera finirono in galera.

Questo il ricordo di Combin su Estudiantes-Milan: "Picchiavano tutti, soprattutto me. Hanno cominciato a sputarmi addosso, calci da tutte le parti. Pensavo mi uccidessero. Mi guardavano come fossi un delinquente ma i criminali erano loro". Un supplizio che pure la mamma dell'attaccante fu costretta a vedere dal vivo: "L'avevo invitata io allo stadio, si era fatta tre ore di viaggio per vedermi giocare e invece assistette al mio massacro".

Estudiantes-Milan 1969: la partita finita in sangue

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© ipp
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Alla fine, coppa a parte, Combin porta nel cuore comunque un bel ricordo: "Una volta scarcerato, credevo dovessi rientrare in Italia da solo. E invece trovai i miei compagni ad aspettarmi in aeroporto con una torta gigante e lo champagne. Gridavano tutti il mio nome, ho cominciato a piangere come un bambino, da un occhio solo. La vera vittoria fu tornare a casa".

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