Pioli si affida al portoghese per ritrovare serenità e mettere fine alla crisi dei campioni d'Italia
Serve un Leao in versione extra-lusso, quello che fu decisivo per lo scudetto, perché quello ciondolante dell'ultimo mesetto è in fondo la fotografia del momento del Milan: spaesato, sfilacciato, stanco, disordinato. E serve subito perché, si direbbe, non c'è domani. La sfida contro l'Inter di domenica sera non è soltanto un derby da vincere a tutti i costi, è una possibilità concreta di abbassare il sipario sulla crisi e tornare in scena con una recita diversa, fresca, di nuovo coinvolgente. Il contrario, un'altra eventuale sconfitta dopo quella durissima in Supercoppa e la doppia scoppola contro Lazio e Sassuolo, aprirebbe invece una voragine sotto i piedi dei campioni d'Italia, mai così impauriti da due anni a questa parte.
Logico, quindi, che Stefano Pioli si affidi al suo uomo migliore. Perché la brillantezza di tutto il gruppo passa necessariamente dagli strappi di Rafa e perché nessuno come lui ha indirizzato in maniera così clamorosa un derby. Sembrano passati secoli dal 3-2 dell'andata in campionato, invece è solo una questione di pochi mesi. E non si può nascondere che fosse obiettivamente un altro Milan, più sicuro, temerario, sfrontato.
Quello di oggi è aggrovigliato dentro una paura che prima non c'era di non farcela. Prova a giocarsela, prende un gol e fine. Ha perso equilibrio e con l'equilibrio le certezze. Prima era una squadra che sapeva sempre reagire alla difficoltà - anche con una certa giovanile incoscienza -, oggi è un pugile che va giù stecchito al primo pugnetto. Questo senso di impotenza è chiaro a tutti, a Stefano Pioli in primis. Il tecnico ha radunato la squadra e al suo fianco si è trovato la dirigenza al completo. Il Milan tutto si è stretto per uscire dalla crisi, un lavoro di testa prima che di gambe. Il resto toccherà al tecnico, che da una settimana cerca soluzioni alternative a partire dal probabilissimo centrocampo a tre con cui i rossoneri affronteranno l'Inter.
Mancherà Bennacer, e l'assenza è importante, ma un uomo in più in mezzo al campo, magari con l'indicazione agli esterni di restare un po' più bassi del solito, aiuterà la difesa a stringere le linee e chiudere i varchi. Perché un dato, sopra tutti, è preoccupante: 19 tiri subiti, 14 gol presi da inizio gennaio. Un'enormità, per dirla com'è. O una montagna impossibile da scalare, per spiegare cosa sembri.
E allora servono le surfate di Rafa, l'esperienza di Giroud, il dinamismo di Theo e Tonali, l'attenzione tattica di Krunic, la ferocia di Kalulu e Kjaer (anche se Tomori potrebbe recuperare) e un po' di serenità per Tatarusanu. Non sarà Maignan, ma ha bisogno di appoggio. Altrimenti sarà dura rispedire al mittente gli assalti di Lautaro e compagni.