Leao e Fofana festeggiano mettendo la maglia del Milan sulla bandierina dell'Inter
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Il proprietario rossonero alla 'Giornata dello sport Italiano nel mondo': "Tornerò a mandare messaggi ai tifosi solo quando vinceremo, ma proveremo a farlo in modo intelligente. Non spenderò come in Arabia"
Il derby vinto in maniera convincente contro l'Inter ha riportato un po' di pace in casa Milan, ma già alla vigilia della prima grossa soddisfazione stagionale in campionato, Gerry Cardinale era tornato a parlare da New York in occasione della 'Giornata dello Sport Italiano nel Mondo'. Un intervento in cui il proprietario del club rossonero ha toccato diversi temi, dai massimi sistemi del calcio alle linee guida specifiche sul Milan: "Negli USA chi spende i soldi per comprare le squadre è il proprietario della squadra. In Italia non ho mai visto nulla di simile, credo che i tifosi pensino che la squadra sia di loro proprietà e noi dobbiamo lavorare per soddisfare questo concetto, ma non spenderò come in Arabia".
Proprio Cardinale e la società sono nel mirino della critica per un inizio di stagione sotto le aspettative, specialmente prima del derby vinto, e per una strategia non redditizia negli ultimi anni: "Il mio messaggio ai tifosi non sembra funzionare, quindi non ne darò altri finché non vinceremo tanto è l'unica cosa che interessa. Faremo comunque tutto il possibile per vincere, ma in modo intelligente. Se lo faremo, saremo longevi e contribuiremo alla crescita dell'ecosistema calcistico italiano".
Cardinale è anche tornato a parlare spiegando il motivo dell'investimento nel Milan e nel calcio italiano: "Quando abbiamo comprato il club è stato per portare in Italia quello che facciamo per mestiere. Abbiamo una strategia molto più grande di quella che si gioca ogni settimana in Italia in cui conta solamente vincere le partite. Io quando guardo alla Serie A indosso più cappelli da tifoso: quello del Milan, quello della Serie A e quello dell'Italia. Una delle cose che vorrei fare come amministratore del Milan e come partecipante alla Serie A è lavorare con essa e con tutti i membri dell’ecosistema italiano per riportare l’Italia a quello che era in termini di calcio europeo globale. Credo che questo sia fondamentale. Considero la A come una delle più grandi esportazioni dell’Italia. Non si può fare, però, se ci concentriamo solo sul vincere le partite. Non possiamo farlo se non innoviamo, se non cambiamo questo paradigma in tutto il calcio europeo, dove sembra esserci questa nozione implicita che si debba spendere tutto il necessario per vincere, come se ci fosse una correlazione diretta tra spesa e vittoria".
Poi ancora: "Quello che faccio in America per vivere, investendo nello sport, è sempre una partnership pubblico-privato. In America, chi spende i soldi per comprare le squadre, è il proprietario della squadra. In Italia i tifosi penso credano che la squadra sia di loro proprietà e noi abbiamo un lavoro da fare per soddisfare questo concetto. Ma quello che sto cercando di fare, e non sto ricevendo molto aiuto nell’ecosistema italiano, è una partnership tra tutti i partecipanti alla catena del valore: i tifosi, il governo locale, il governo nazionale, il capitale per costruire le nostre infrastrutture. Abbiamo gli Europei in arrivo nel 2032. Sto cercando di fare uno stadio a Milano".
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