Il croato è stato Chief Football Officer del club per soli nove mesi prima dell'addio non consensuale
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Si è chiusa ieri, in Cassazione, la diatriba tra il Milan e Zvonimir Boban, licenziato nel 2019 dal club rossonero per giusta causa ad appena sei mesi di distanza dalla nomina a Chief Football Officer. Allontanato dagli uffici di Via Aldo Rossi a seguito di una intervista non autorizzata a un giornale, l'attuale opinionista aveva fatto causa in tribunale avendo la meglio per la mancanza della "giusta causa di recesso". Il risarcimento, quantificato stabilito in poco più di 5,3 milioni di euro, era stato successivamente ri-quantificato in 4,8 milioni di euro dalla Corte d'Appello per il solo danno patrimoniale. Cifra, già versata dal club rossonero, alla quale va detratto lo stipendio incassato dallo stesso Boban in virtù del ruolo da dirigente Uefa.
Il 56 croato, non soddisfatto, aveva poi presentato ricorso in Cassazione per vedersi riconosciuti anche i danni non patrimoniali. Mossa che non ha avuto esito positivo come si può leggera nella sentenza emessa nella giornata di giovedì: la Cassazione ha rigettato la richiesta pervenuta. L'ammontare del danno non patrimoniale quindi, inizialmente riconosciuto in primo grado e quantificato in 1,2 milioni euro (già risarcito dal club meneghino), dovrebbe ora essere restituito da Boban al Milan.