La sconfitta di Udine scoperchia l'equivoco tattico: il nuovo modulo non decolla e Spalletti...
di Alessandro FranchettiGuardarsi indietro per guardare avanti, nella speranza di ritrovarsi e rimettere in piedi una stagione che scivola sempre più giù e rischia di diventare fallimentare. La sconfitta di Udine, immediatamente successiva al pareggino casalingo contro la Salernitana e al ko brutale del Franchi contro la Fiorentina, non solo riapre ferite in casa Milan che sembravano definitivamente ricucite, ma ripropone, fortemente, un quesito tattico che lo stesso Stefano Pioli ha anticipato di valutare con attenzione: cosa fare da qui in avanti? Insistere con la difesa a tre e il conseguente 3412 o tornare al 4231 dello scudetto?
L'interrogativo è lecito, specie adesso che il tecnico rossonero ha di fronte una pausa che mai come ora è benedetta ma, soprattutto, un attimo prima della curva che può decidere la stagione, vale a dire il triplo confronto campionato-Champions contro il Napoli di Luciano Spalletti. E allora, ben sapendo che le valutazioni spettano a Pioli e al suo staff, va forse la pena analizzare qualche numero per cercare di capire se - e soprattutto come - il Milan possa provare a giocarsela con gli azzurri con qualche chance di vittoria.
STORIA E... STORIELLE
Dato che il punto più alto della tripla sfida sarà il quarto di Champions, è il caso di ridimensionare immediatamente una questione che sta prendendo piede dal giorno del sorteggio: il Napoli è più forte, ma il Milan ha Dna europeo, la storia dalla sua parte. Tutto vero, ma quanto conta? Assolutamente zero. Il motivo è semplicissimo e anche se è riduttivo ribadire un altro concetto trito e ritrito - la storia non va in campo -, anche perché è soltanto parzialmente vero, va detto che al Dna europeo di questo Milan manca un pochino di... esperienza. Esperienza, certo: la storia, intesa come abitudine a giocare certe partite, ha il suo peso se quelle partite le hai giocate. Se, invece, ed è il caso del Milan attuale, la Champions fin qui l'hai vista più in tv che sul campo, beh, la storia l'hai al massimo studiata, ma non certo fatta. Insomma, il curriculum rossonero conterà il giusto, che nel caso specifico è molto poco. Servirà altro. Ben altro, per essere chiari.
L'ULTIMO FACCIA A FACCIA
Meglio perciò tenere i piedi per terra e affidarsi a qualcosa di più concreto, ad esempio a quanto ha detto l'ultimo faccia a faccia tra Milan e Napoli. Prima una precisazione: inutile sottolineare che gli attuali 23 punti di differenza tra Spalletti e Pioli in classifica ci stanno tutti. Non solo perché ci sono, e basterebbe, ma anche per quanto espresso dagli azzurri in questo campionato: solidità difensiva, notevole capacità di creare azioni pericolose, tenuta psico-atletica e quel mix perfetto tra entusiasmo e lucidità che sta producendo questa magnifica stagione. In sintesi, l'esatto contrario di quanto sta accadendo al Milan ma anche la stessa spinta che ha portato un anno fa i rossoneri allo scudetto. Ma l'ultimo scontro diretto, dicevamo: il risultato, 2-1 per il Napoli a San Siro, lo ricordano tutti. L'andamento della gara forse no: pur perdendo, contro gli azzurri i campioni d'Italia in carica fecero probabilmente la miglior partita della stagione e misero la squadra di Spalletti in grandissima difficoltà. Questo non basta a ridurre le attuali distanze tra le due squadre, ma consiglia due riflessioni: la prima, che in uno scontro diretto a questo livello può succedere di tutto; la seconda, che il 4231 è più adatto ad affrontare il Napoli. E questo secondo punto è quello che ci interessa qui.
DIFESA A TRE CONTRO DIFESA A QUATTRO
Partiamo da un presupposto: il passaggio alla difesa a tre non era nei piani di Stefano Pioli, almeno non in questi termini - in seguito a un'urgenza per capirci - e non era l'aspirazione del tecnico rossonero. E' stato, in un momento di grande difficoltà del suo Milan, dopo cioè le "bambole" contro Lazio e Sassuolo, il modo ritenuto migliore per abbassare una media di gol subiti che stava diventando troppo alta. I risultati di questo cambiamento sono noti: la sconfitta di misura nel derby contro l'Inter alla prima (ma con una prestazione pessima), tre vittorie per 1-0 di fila contro Torino, Tottenham e Monza, il 2-0 all'Atalanta, lo 0-0 di Londra che ha portato i rossoneri nei quarti di Champions e, immediatamente dopo, i 6 gol subiti in tre partite di campionato tra Fiorentina, Salernitana e Udine. Il che certifica due aspetti: che non basta la linea a tre e una mediana più coperta a non subire gol ma, soprattutto, che il nuovo assetto non è stato digerito dalla squadra in fase offensiva visto che, tolta l'Atalanta, il Milan non ha mai segnato più di un gol nelle otto restanti partite. Cosa significa questo? Che la squadra ha perso le sue linee, i suoi movimenti, più in generale la sua verve. Esce male con il pallone dal basso perché la linea a tre ha bisogno di un difensore regista che il Milan non ha - non a caso lo sta facendo Maignan -, non trova superiorità sulle fasce senza svuotare il centrocampo (è spesso Tonali ad allargarsi), snatura giocatori importanti come Leao. In parole povere si disinnesca per provare a disinnescare l'avversario. Il che, banalmente, porta a una conclusione: il Milan può battere il Napoli? Forse 1-0. Ma ancora, il Napoli si batte 1-0? Ci sono riuscite Inter e Lazio, nessun altro. Può bastare l'1-0 in un doppio confronto? I numeri di oggi del Napoli dicono di no.
ATTACCO ATOMICO E DIFESA A TRE
Se infatti è innegabile che il Napoli ha perso sempre e soltanto 1-0, è altrettanto innegabile che trattasi di un caso più unico che raro. La squadra di Spalletti ha fin qui segnato 64 gol (media 2,37 a partita) e, tolto l'1-0 contro la Roma (e lo 0-1 contro l'Inter di cui sopra), ha sempre segnato almeno due gol contro difese schierate a tre. Anzi, otto volte ha segnato almeno tre gol. Il che, al netto di una squadra che segna comunque tantissimo, spiega quanto sia inopportuno e un po' folle provare a giocarsela oggi contro Osimhen e Kvara negli uno contro uno. Per semplificare (molto) la questione basti pensare alle contromosse per il georgiano: per contenere Kvara deve uscire uno dei braccetti (Kalulu), che avrebbe in ogni caso bisogno dell'aiuto del giocatore a tutta fascia (Saelemaekers o Messias) e del raddoppio interno del centrocampista (Tonali). Risultato: inserimento scoperto di Zielinski dove il centrocampista del Milan esce e inferiorità numerica in mezzo. Decisamente meno traumatici i movimenti della difesa a quattro, che permetterebbe tra l'altro un facile raddoppio al centro su Osimhen.
RITORNO AL PASSATO
Il ritorno al passato, ovviamente, dovrebbe essere completo. Vale a dire con l'inserimento di un trequarti più difensivo che offensivo. Se il Milan è uscito con le ossa rotte dalle sfide contro Lazio e Sassuolo è, soprattutto, per la mancanza di un centrocampista in più. La questione, un anno fa, venne risolta con la scelta di Kessie sottopunta. Senza l'ivoriano, il Kessie dovrà farlo uno tra Krunic e Bennacer, a meno di non voler provare nel ruolo Vranckx (solo in campionato, non vale per la Champions) per tenersi un paio di cambi buoni in mezzo al campo. Per risolvere il problema dei gol subiti, il Milan ha assolutamente bisogno di gestire di più il gioco - e in questo i movimenti andati a memoria con il vecchio modulo aiuta parecchio - e di alzare nuovamente il baricentro portando l'aggressione nella metacampo avversaria. Solo alzando molto la squadra Pioli può permettersi gli uno contro uno perché, contro l'Udinese è stato molto evidente al di là degli errori individuali marchiani, se li porti a ridosso dell'area di rigore prendi gol. E se ti porti il Napoli in casa, addio Champions...