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Seconda gara senza reti per i rossoneri nonostante le tante occasioni create e qualificazione adesso in salita, ma la prestazione e l’atteggiamento del secondo tempo devono dare coraggio a Pioli
di Marco Mugnaioli© Getty Images
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Al triplice fischio di Borussia Dortmund-Milan sulle facce dei giocatori di Stefano Pioli e di tutti i tifosi rossoneri andati in Germania c’era un’espressione amara, di rimpianto, di occasione sprecata, più o meno la stessa che aveva il popolo di San Siro dopo lo 0-0 della prima giornata contro il Newcastle. Quarantacinque minuti prima però, alla fine di un primo tempo approcciato in maniera troppo timida e costellato di troppi errori tecnici, su quelle stesse facce c’era un’espressione molto diversa, perché per larghi tratti nella prima frazione a fare la partita e ad avere più occasioni erano stati i gialloneri, che non perdono al Westfalenstadion da 21 partite di Champions League ma non sono parsi certo una squadra irresistibile.
La squadra di Pioli infatti, oltre a non aver capitalizzato le tante palle gol, ha anche il demerito di aver praticamente regalato i primi 45’, lasciando il controllo del campo e il pallino del gioco ai tedeschi e cercando di fare male in ripartenza ma affrettando troppo le giocate e sbagliando troppo spesso in fase di costruzione. Errori tecnici probabilmente figli di un approccio alla gara e all’ambiente (alla vigilia allenamento a Milanello coi cori del Miro Giallo) troppo “provinciale” e timoroso, che dovrà servire da lezione ai rossoneri tra 20 giorni al Parco dei Principi.
Col passare dei minuti poi Calabria e compagni hanno preso coraggio, l’atteggiamento a inizio ripresa è apparso subito diverso, più convinto e meno reverenziale, Pobega si è alzato in posizione da trequartista di inserimento, Theo e Leao sono saliti di colpi, e quando dopo circa un quarto d’ora Adli (ancora molto positivo, entrato senza paura dimostrando di poter essere un’alternativa anche su questo palcoscenico) ha sostituito l’ex Torino, il Milan si è trasformato passando dal nuovo 4-3-3 al 4-2-3-1 (con Reijnders sulla trequarti, ndr) con cui vinse lo scudetto e per tutta la ripresa ha messo alle corde il Dortmund creando tante occasioni nitide senza però trovare la zampata decisiva.
Il risultato alla fine non è stato certo quello sperato (mai nella sua storia il Milan aveva chiuso 4 partite in Champions senza riuscire a segnare un gol) e la clamorosa sconfitta del Psg in Inghilterra mette ora in salita il discorso qualificazione, ma la prestazione del secondo tempo deve dare coraggio e nuove consapevolezze ai giocatori rossoneri, che dominando il Newcastle che ha rifilato 4 gol a Donnarumma hanno già dimostrato di essere ‘una squadra da Champions League’ anche due settimane fa.
Il minimo comune denominatore tra la partita di Milano con gli inglesi e il secondo tempo di Dortmund è stato, oltre allo spirito, il caro vecchio 4-2-3-1 e forse per la complicatissima trasferta sul campo di un Psg ferito, quando dovrebbe rientrare anche Loftus-Cheek, Stefano Pioli dovrebbe pendere in considerazione di tornare alle origini fin dall’inizio, anche perché a Parigi servono punti e a Mbappé e compagni di certo non ci si può permettere di regalare un tempo.