Da Leao a Maignan, passando per Theo Hernandez, gli uomini dell'ultimo scudetto sono irriconoscibili. E il Diavolo rischia di scivolare fuori anche dalla zona Champions
di Alessandro FranchettiA voler essere ostinatamente ottimisti, e l'acrobazia è piuttosto complicata anche per il più solido dei tifosi milanisti, basterebbe un tuffo profondo nel passato fino al 19 febbraio 2022. Un secolo fa, sotto tutti i punti di vista, ma anche l'estremo tentativo di vedere dell'acqua in fondo a un bicchiere che, più che mezzo vuoto, è rimasto totalmente a secco. Ma 19 febbraio 2022, dicevamo, e allora eccola l'acrobazia di cui sopra: stesso stadio, l'Arechi, stesso avversario, la Salernitana, stesso risultato, 2-2, acciuffato anche quella volta in rimonta (gol di Rebic al 77') e sempre in fondo a una partita prima controllata, poi finita fuori dai radar anche per l'inconsueta papera di Maignan (uscita a vuoto su Djuric e gol in rovesciata di Bonazzoli) e stessa sensazione, allora come oggi, di aver appoggiato i palmi di entrambe le mani sul fondo. Più in basso di così, voilà, non si poteva andare. Inutile aggiungere che la stagione di cui si parla è quella dell'ultimo scudetto e anche che i rossoneri stavano viaggiando da tempo su un'altalena che li aveva portati a perdere in casa contro lo Spezia (con allegato famoso episodio del gol annullato a Messias per fischio anticipato dell'arbitro Serra, ndr), a vincere il famoso derby del "si è girato Giroud" quando l'abisso era a un passo e a pareggiare, appunto, in quel di Salerno. Superfluo anche ricordare che allora come oggi l'ottimismo era esercizio alquanto complicato.
Fine dei corsi e ricorsi storici. Anche perché, a essere onesti, il resto della questione è ben più complicata di due anni fa. Il Milan di Salerno non è stato solo disordinato e inconcludente, è stato preoccupante. In molti aspetti: dagli infortuni, ormai due a partita (e siamo a 30 in nemmeno metà stagione), all'evidente confusione tattica fino alla sensazione che in molti siano scesi da una barca sulla quale non riescono più a riconoscere in Stefano Pioli un condottiero. E tra i molti in particolare i giocatori più rappresentativi del gruppo, da Maignan a Leao, passando per Theo Hernandez ma anche Simon Kjaer, per citarne uno che nello spogliatoio dello scudetto si sentiva eccome. Cosa sia successo è difficile dirlo, ma che il giocattolo si stia rompendo è del tutto evidente.
Prendiamo Maignan: il francese è e resta uno dei migliori portieri in circolazione e nessuno pensa minimamente di discuterlo, ma da quando è rientrato dall'infortunio, nonostante alcune parata obiettivamente straordinarie - e totalmente in linea con la sua enorme qualità -, ha infilato qualche errore o mezzo errore non da lui. Il gol di Candreva a Salerno è certamente la macchia più evidente, ma è da qualche tempo che Magic Mike sembra stranamente incerto in alcune circostanze tanto da far pensare che forse non stia ancora completamente bene fisicamente.
Discorso diverso quello che si può fare su Theo Hernandez anche se la sua involuzione è forse la più evidente in assoluto. Il francese aveva cominciato la stagione alla grande, impressionando anche per la sua capacità di giocare dentro il campo in un sistema - abbandonato dopo il tragico derby - che prevedeva l'utilizzo dei terzini in posizione da mediani nell'uscita dal basso. Poco alla volta, però, il suo contributo alla causa è andato via via riducendosi fino all'apatia di più di una partita. Theo, che la differenza l'ha sempre fatta da centrocampo in su, oggi è spesso schiacciato sulla linea dei difensori, non più in aggressione ma in attesa. Leggendola così, è un po' la sintesi del Milan, meno travolgente e più in balia delle onde.
Il caso più eclatante è però quello di Rafa Leao. Sono i numeri, in questo caso, a essere impietosi: tre soli gol in 17 gare di campionato (come lui, per dire, Tomori, Jovic e Okafor), l'ultimo dei quali segnato contro il Verona alla quinta giornata. Una rete sola in Champions, nel 2-1 contro il Psg in rovesciata, ormai lo scorso 7 novembre. Qualche assist, certamente, ultimo quello a Simic una settimana fa, qualche sgommata sulla fascia, ma una presenza sempre meno continua all'interno delle partite e soprattutto quel fastidioso ciondolare quando le cose non vanno per il verso giusto che fa storcere moltissimo il naso ai tifosi milanisti. Cos'è successo a Rafa? A scoprirlo ci dovrà pensare Zlatan Ibrahimovic, in fondo richiamato alla base anche per quello. La prima volta Ibra trasformò Leao da giocoliere a giocatore, questa volta sarà in grado di stupire con un'altra magia?