L'ad dei brianzoli a tutto campo in un'intervista a Tuttosport: "Ecco perché undici acquisti e tanti italiani, obiettivo decimo posto. Favorevole al nuovo San Siro"
Tutto pronto per l’esordio in Serie A, sabato sera contro il Torino, del Monza di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani: "Juric? Mi piace molto. E lui lo sa, perché gli ho parlato molte volte. Ma tranquillizziamo Cairo, non glielo prendo - ha scherzato l'ad dei brianzoli in una lunga intervista a Tuttosport in cui oltre che della sfida ai granata ha parlato di tantissimi argomenti del calcio di oggi e non solo - Obiettivo stagionale? Il decimo posto. Lo so che è difficile, ma avendo fatto l’imprenditore nella vita so che bisogna fissare degli obiettivi, quindi dico decimo posto".
Dopo il grande mercato fatto finora, con undici acquisti già ufficializzati e in attesa dei giorni del Condor, un obiettivo alla portata della squadra di Stroppa, nonostante sia molto diversa da quella che ha conquistato la promozione: "È un mercato figlio di un mio modo di vedere le cose: la Serie C è uno sport, la Serie B è un altro sport e la Serie A è un altro sport ancora. E la Champions è ulteriormente un altro sport - ha spiegato Galliani - Noi abbiamo preso il Monza che fino al 30 giugno 2017 era nei Dilettanti, era chiaro ed evidente che i giocatori che c’erano non avrebbero vinto la Serie C, quindi con tutto l’affetto e la riconoscenza, li abbiamo dovuti cambiare. Così, oggi, dobbiamo cambiare alcuni di quelli che hanno vinto la B, molti dei quali farebbero fatica in Serie A".
"Tanti italiani? Innanzitutto dico che nel caso in cui ci fosse un vantaggio ad avere italiani, mi dispiace moltissimo averlo, perché saltare due volte i Mondiali è pazzesco. Avrei preferito vedere stancarsi gli italiani in Qatar. Comunque, la nostra scelta italiana parte da altri presupposti: è una filosofia precisa del presidente Berlusconi, che io condivido. Gli stranieri impiegano del tempo ad ambientarsi, quindi essendo la prima parte della stagione molto compressa, con moltissime partite, il rischio è che prima che si ambientino noi siamo già retrocessi. Certo poi c’è anche il fattore Mondiale che può distrarre".
Dal nuovo Monza, lo storico dirigente del Milan passa poi a parlare dei cambiamenti avvenuti nel mondo del calcio in questi anni: "È cambiato il calcio, figlio della Bosman e dei diritti tv, che sono quelli che hanno veramente cambiato il calcio e, di fatto, ammainato le famose bandiere. Come? Partiamo dagli Anni 60: i ricavi di un club erano solo ed esclusivamente da botteghino. Non c’era sostanzialmente nient’altro. E se vendi solo i biglietti: i 60mila di Madrid valgono i 60mila di Lisbona e di Glasgow. Poi arrivano i diritti televisivi: il campionato inglese ricava 4 miliardi di sterline e quello scozzese 100 milioni, è chiaro che – a parità di sessantamila spettatori – la cosa cambia un bel po’. I fatturati che una volta erano simili fra di loro, diventano abissalmente diversi e questo fa sì che i campioni si concentrino dove ci siano i soldi, perché il calcio lo fai con i fatturati. Il Monza prende 33 milioni di diritti televisivi di cui 3 devono andare come obolo alla B. Totale: 30 milioni. Una neopromossa in Premier incassa 160 milioni. Come faccio io a competere con il Nottingham Forest?".
La soluzione, secondo Galliani, potrebbe essere la Superlega: "Ma senza inglesi però. Dovrebbe esserci una Brexit anche nel calcio. Chi glielo fa fare agli inglesi di mollare 4 miliardi all’anno, più gli stadi sempre pieni? Sarebbe quindi un vero campionato europeo, senza inglesi. D’altra parte cosa pensate, che nell’aprile 2021 gli inglesi siano fuggiti dalla Super League perché i tifosi non volevano? Ma va! Perché non lasci quella situazione economica".
Poi una critica della Uefa e delle regole finanziarie emanate: "Ma che roba è quella del 70%? Puoi spendere solo il 70% di quello che ricavi… Se ci fosse stata quella regola quando abbiamo preso il Milan, non ci sarebbe stato il grande Milan. Così il divario si amplierà, perché chi ricava di più adesso può spendere di più, quindi ricaverà di più in futuro. E, come nella società, i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. Anche perché le vittorie danno fatturato attraverso sponsor e incassi. E il calcio si fa con il fatturato".
Infine una riflessione sul declino del calcio italiano: "Non abbiamo costruito gli stadi. Abbiamo gli impianti più brutti d’Europa e questo incide sui ricavi e sui diritti tv, perché uno stadio brutto e vuoto non si vende in tv. E non abbiamo costruito gli stadi perché la burocrazia ha frenato tutti, perché il Credito Sportivo per un lungo periodo chiedeva la costruzione della pista d’atletica e perché ci sono sempre mille ostacoli come a San Siro, per esempio. Io ho aderito a San Siro per questo, perché amo il Meazza e sono un romantico, ma non si può ristrutturare e trovo giusto costruire quello nuovo nella stessa zona. Come all’estero hanno sempre fatto, senza troppi problemi".