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IL LUTTO

Morto Bruno Pizzul, indimenticabile telecronista della Nazionale

Il giornalista friulano avrebbe compiuto tra poco 87 anni

05 Mar 2025 - 09:23
 © sportmediaset

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È morto a Gorizia Bruno Pizzul, storico telecronista sportivo italiano. Avrebbe compiuto 87 anni tra pochi giorni. Nato a Udine l’8 marzo del 1938. In Rai dal 1969, dai Mondiali del 1986 è diventato la voce della Nazionale italiana di calcio e telecronista di indimenticabili partite degli Azzurri. L’ultima gara commentata è stata Italia-Slovenia dell’agosto 2002.

Quando si parla di calcio in Italia, ci sono nomi che trascendono il campo di gioco e diventano parte del tessuto culturale del Paese. Tra questi, Bruno Pizzul occupa un posto speciale: non un calciatore, non un allenatore, ma un narratore, la voce che per oltre trent’anni ha accompagnato milioni di italiani nelle domeniche pomeriggio, nelle sere di coppa e nelle notti magiche dei Mondiali. Con il suo timbro nasale inconfondibile, la sua pacatezza e una competenza fuori dal comune, Pizzul è stato molto più di un telecronista: è stato il cantore di un’epoca d’oro del calcio nostrano.

Addio a Bruno Pizzul, storico telecronista della Nazionale

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© italyphotopress
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Nato il 8 marzo 1938 a Udine, in Friuli Venezia Giulia, Pizzul non era destinato a diventare un’icona della televisione. Prima di sedersi dietro un microfono, aveva calcato i campi da gioco come calciatore: un mediano di buona tecnica, cresciuto nelle giovanili della Pro Gorizia e passato per Catania e Udinese, senza però raggiungere i vertici del professionismo a causa di un infortunio che ne interruppe la carriera. Ma il destino aveva in serbo per lui un altro ruolo, forse ancora più grande: quello di raccontare il calcio agli italiani.

Entrato in RAI negli anni ’60 come giornalista sportivo, Pizzul si impose presto come telecronista di punta, succedendo a un altro mito, Nando Martellini, dopo i Mondiali del 1986. Da quel momento, la sua voce divenne sinonimo di grandi eventi calcistici. 

Il suo stile era unico: lontano dagli eccessi e dalle urla che avrebbero caratterizzato i telecronisti delle generazioni successive, Pizzul preferiva un approccio sobrio, quasi confidenziale. Parlava agli spettatori come si parla a un amico al bar, con aneddoti, un pizzico di ironia e un amore evidente per il gioco. Non aveva bisogno di effetti speciali: la sua voce, profonda e rassicurante, bastava a tenere incollati milioni di tifosi davanti al televisore, in un’Italia in cui la RAI era ancora il cuore pulsante della comunicazione di massa.

Pizzul ha raccontato sei Mondiali, cinque Europei e innumerevoli partite di Serie A, diventando una presenza fissa nelle case degli italiani fino al suo addio alla telecronaca nel 2002, dopo la finale dei Mondiali di Corea e Giappone. Ma il suo lascito va oltre i numeri: è stato un simbolo di un calcio più semplice, romantico, quello delle radioline e delle domeniche in famiglia, prima che il mondo dello sport fosse travolto da pay-tv e ritmi frenetici.

Anche dopo il ritiro, Bruno Pizzul non ha mai smesso di essere un punto di riferimento. Le sue apparizioni in trasmissioni sportive (fu ospite anche del nostro TikiTaka), i suoi commenti lucidi e la sua umiltà lo hanno reso un’icona trasversale, amata da generazioni diverse. Ancora oggi, il suo nome evoca nostalgia per un’epoca in cui il calcio era narrazione, emozione pura, e non solo business.

Bruno Pizzul non è stato solo un telecronista: è stato un pezzo di storia italiana, un narratore di sogni che ha dato voce ai trionfi e alle delusioni di un popolo. E se chiudiamo gli occhi, possiamo quasi sentirlo ancora: “Signori all’ascolto, buonasera…”, pronto a portarci di nuovo in campo, come faceva una volta.

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