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L'AFFONDO

Mourinho al veleno: "Fuori dalla Roma per colpa di qualcuno che capisce poco di calcio"

Altro duro attacco dello Special One dopo l'epilogo dell'esperienza nella Capitale: "Licenziamento tanto inaspettato quanto ingiusto. Ma tornerò..."

15 Feb 2024 - 17:30

Dopo la burrascosa conclusione dell'esperienza alla Roma, finita con l'esonero del mese scorso, José Mourinho torna a parlare (anzi a scrivere) e come sempre lo fa senza peli sulla lingua. Lo Special One, in qualità di global ambassador di Football.com, ha pubblicato il suo nuovo articolo su 'Pulse Nigeria' per commentare la fase finale della Champions League, ma il testo si è trasformato presto in un duro attacco ai Friedkin: "Stanno per iniziare le competizioni europee, in particolare la Champions League, forse la competizione più importante del calendario mondiale. Non ci sarò a queste fasi finali, non perché sia già stato eliminato, ma perché sono stato "eliminato" da qualcuno che di calcio ne sa poco. Così è la vita, piena di alti e bassi, e io sono in crescita, nonostante il licenziamento tanto inaspettato quanto ingiusto. Ma tornerò, e con ancora più entusiasmo e fiducia, per queste partite UEFA".

Mourinho non li nomina mai direttamente, ma il riferimento ai suoi ex datori di lavoro (in realtà il portoghese è ancora sotto contratto con la Roma, anche se flirta con il Bayern) è evidente, come anche il dispiacere per un esonero arrivato dopo la sconfitta a San Siro col Milan come un fulmine a ciel sereno. Prova ne è anche l'anello della Conference lasciato nell'armadietto di Pellegrini ("Quando diventerete uomini me lo ridarete"). 

Roma, striscione a Trigoria: "Pellegrini anello debole"

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"L'ESONERO CHE MI HA FATTO PIÙ MALE"
Lo Special One è tornato poi sulla sua avventura alla Roma anche in un podcast con Rio Ferdinand uscito sul canale YouTube dell’ex difensore: “Non è la prima volta che lascio un club, ma questa è decisamente quella che mi ha fatto più male”. “L’esonero è stata una decisione della proprietà e non è stato nemmeno discusso - racconta Mourinho dalla sua casa di Lisbona - Questo è l’addio che mi fa più male. Alla Roma ho dato tutto, il mio cuore e pure opzioni che da un punto di vista professionale non aveva senso concedere, come dire no al Portogallo, la mia nazionale, che mi aveva contattato tre anni prima del Mondiale. O dire no alla proposta enorme che mi è arrivata dall’Arabia Saudita. Sono molto pragmatico nelle mie scelte professionali, cercando di tenere le emozioni sotto controllo, ma con la Roma non lo sono stato. So di avere dato tanta felicità ai tifosi, perché due finali europee di fila non succedono spesso, soprattutto in un club che non ha una grande storia nelle coppe. Quest’anno camminavo per strada, la gente mi fermava e mi diceva ‘Portaci a Dublino’. È quello che avevo in testa, la terza finale europea di fila. Ma devi rispettare la proprietà e le decisioni che prende. Ed è quello che sto facendo ora”. 

"MILAN-INTER NON UN GRAN DERBY, CON LA JUVE INVECE..."
“Inter-Juve è la vera rivalità, non Inter-Milan - dice Mourinho - Il primo derby coi rossoneri me lo ricordo. Ero sul nostro autobus, guardavo fuori e vedevo i tifosi con sciarpe diverse arrivare insieme, amichevoli: non l’ho sentito come un gran derby. Quando giochi con l’Inter contro la Juve, invece, senti subito che tra le due squadre c’è qualcosa di storicamente complicato”.

Tolti i sassolini dalle scarpe, il tecnico portoghese continua poi scrivendo una vera e propria 'guida' per passare le sfide a eliminazione diretta nelle coppe europee, soprattutto in Champions: "Ho partecipato a tantissime partite e sono arrivato più volte in finale. Sono davvero partite speciali, per noi allenatori, per i tifosi e, ovviamente, per i giocatori. Ho quindi sufficiente esperienza e conoscenza per sapere come andare avanti, anche quando abbiamo avversari con un potenziale molto maggiore rispetto al nostro. In questa fase tengo sempre presente: nella prima partita si gioca sempre per vincere, nella seconda sai cosa ti serve per passare al turno successivo ovvero vincere con un gol, pareggiare o addirittura perdere con uno o due gol. E le partite ad eliminazione diretta vengono gestite su questa base. Certo, è fondamentale conoscere bene i propri avversari, studiarli, analizzare i loro pregi e difetti, vedere come si comportano quando giocano in casa e in trasferta, vedere come reagiscono quando il risultato è sfavorevole. Questa conoscenza permette di ideare la giusta strategia e fornire ai giocatori tutte le informazioni essenziali affinché sappiano cosa dovranno affrontare quando scenderanno in campo".

LA VITTORIA CON L'INTER NELLA SEMIFINALE CONTRO IL BARCELLONA - "Come ho già scritto, affronto sempre la prima partita con la voglia di vincere, come Inter-Barcellona quasi 15 anni fa, che finì con la vittoria della mia squadra per 3-1. Nella gara di ritorno al Camp Nou, con l'espulsione di Thiago Motta prima del 30', ho giocato come dovevo: perdere per un solo gol. Ho perso 1-0, ma abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: arrivare in finale. E abbiamo vinto. Quando si tratta di raggiungere un obiettivo si può usare qualunque strategia o tattica, e io non ho problemi a usarle. È una questione di intelligenza e non dobbiamo preoccuparci di quello che dicono i sedicenti "commentatori". "Ah! Mourinho ha messo l'autobus davanti alla porta". Sì, l'ho fatto, ma ho giocato in 10 contro 11, e abbiamo giocato una partita difensiva davvero spettacolare contro Piqué, Xavi, Busquets, Ibrahimovic e Messi. In altre parole, è stata una strategia intelligente".

"Tuttavia - aggiunge Mourinho - la situazione deve cambiare quando il risultato dell’andata è diverso, ovvero quando finisce con una sconfitta. Poi devi riflettere su cosa devi fare e devi pensare al risultato complessivo quando finirà la gara di ritorno. Rivedo spesso la partita d'andata, cerco di trovare i miei errori e quelli di tutta la squadra, penso a cosa ho fatto nel preparare quella partita e cosa devo fare nella gara di ritorno. E preparo i giocatori perché sono motivati dal solo fatto di giocare una competizione così importante. Ti faccio un altro esempio di quando allenavo il Chelsea. Nel 2005 abbiamo perso la nostra prima partita in Catalogna 2-1. Dovevo trovare un modo per superare un fortissimo Barcellona, ma sapevo cosa dovevamo fare per mandare a casa Puyol, Deco, Xavi, Iniesta e Ronaldinho. E poiché sia io che i giocatori lo sapevamo, abbiamo vinto 4-2 e siamo passati al turno successivo".

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