L'attaccante dei partenopei ha raccontato il proprio rapporto con l'allenatore salentino
"Ho corso di più in questi 6 mesi che nel resto della mia carriera finora". A usare queste parole è David Neres, una delle stelle del Napoli di Antonio Conte che, sin dal suo arrivo la scorsa estate, ha entusiasmato il popolo partenopeo. Il suo apporto ha consentito alla squadra di Aurelio De Laurentiis di presentarsi al rush finale fra le favorite per lo Scudetto, ma guai a montarsi la testa, come insegna Conte.
"Prima del mio infortunio avevamo vinto sette partite di fila, quindi un calo ci può stare. Il campionato italiano è molto competitivo, ogni partita è difficile e affrontiamo sempre squadre di alto livello. Queste ultime 9 partite sono decisive, adesso sì che è vietato fermarsi - racconta Neres in un'intervista a Il Corriere della Sera -. L’Inter come organico, non c’è dubbio. Col Napoli non ci ho giocato contro ma col Benfica l’ho incrociato tre volte e mi ha fatto impressione. Bastoni mi ha messo in difficoltà".
Se è vero che Neres è il traino di questa squadra, il leader indiscusso è rimane probabilmente Conte. Non tanto per i suoi allenamenti intensi che il giocatore brasiliano non ha mai incontrato prima in vita sua, ma soprattutto per il carisma e per la capacità di stimolare i suoi giocatori fra cui il brasiliano che spera di tornare in campo contro il Milan. "Conte è molto simpatico! Sono serio: pretende tanto da ogni giocatore. Per me è perfetto perché quando un allenatore non è esigente tendo a rilassarmi. Tira fuori il massimo, ti stimola, ti motiva come nessuno. E ti rimprovera anche, mi è successo dopo due settimane che ero qui. Avevamo fatto un’amichevole e diciamo che non mi ero impegnato, mi chiamò da parte in maniera chiara e diretta. In quel momento capii bene però chi avessi di fronte e come dovevo comportarmi. Mi è servito".
A proposito di allenatori che hanno cambiato la carriera di Neres, un ruolo importante è stato svolto da Roberto De Zerbi che lo ha voluto allo Shakhtar Donetsk nonostante l'esperienza sia durata meno del previsto a causa dello scoppio della guerra. Un'esperienza che lo ha spinto in seguito a scegliere Napoli: "Quando sono arrivato allo Shakhtar, mi sentivo benissimo, ero pronto e con De Zerbi mi allenavo bene. Poi, però, la guerra ha interrotto tutto e c’è stato un lungo periodo senza partite. Sono tornato in Brasile. All’inizio mi sembrava quasi di essermi ritirato dal calcio, il primo mese mi sono divertito, poi ho iniziato ad annoiarmi. Sono stato fermo fino a quando è arrivato il Benfica, mi è sembrata un’eternità - aggiunge l'attaccante carioca -. Fino a quel momento avevo giocato in squadre top ma non in campionati forti come quello italiano appunto, il Napoli mi ha dato questa opportunità. Non ci ho pensato su due volte, è un club con un progetto".
Quell'umiltà che lo spinge ad allontanare le luci della ribalta e a non definirsi il nuovo Kvaratskhelia è frutto anche di una infanzia tutt'altro che semplice e che lo ha spinto a dover scegliere fra il calcio e lo studio: "Giocavo con il pallone nella strada davanti a casa, avevo 5 anni. Papà era felice, mamma meno: prima la scuola e poi il calcio, diceva. Ho accontentato entrambi, se non avessi studiato non mi sarei potuto allenare. Ho fatto il liceo, e ho avuto il via libera da mamma - conclude Neres -. Non avevo un piano B.Quando ho esordito in prima squadra col San Paolo, mi dissi: 'ce l’ho fatta e qui resto'. Non eravamo ricchi, mio padre e mia madre lavoravano e riuscivano a garantirci il cibo a tavola. Con i primi soldi non ricordo esattamente cosa comprai, ma ricordo bene la sensazione: ero felice. Il primo stipendio al San Paolo era di circa 120 reais, circa 20-30 euro. Pensai: “Wow, sono ricco!”. Quando poi ho cominciato a giocare in Europa e sono arrivati i soldi veri, ho comprato una casa migliore alla mia famiglia in un quartiere più sicuro".