Grazie alla cura Mourinho è arrivata la totale maturazione, il futuro della Roma è lui
di Giampaolo GherarducciC'era un ragazzo che a diciotto anni esordì in Serie A a Cesena entrando in campo a metà ripresa al posto di Ucan, meteora giallorossa tornata velocemente in Turchia. E sull'erba del Manuzzi Lorenzo Pellegrini ci ha rimesso piede, sette anni dopo, da giocatore fatto e finito, con la numero dieci azzurra sulle spalle, evidentemente larghe, per reggere il peso simbolico di quella maglia.
E ogni rito di passaggio, il biennio col Sassuolo, gli alti e i bassi nelle varie Roma di Di Francesco, Ranieri e Fonseca, è servito per arrivare alla totale maturazione, che l'incontro con Mourinho ha probabilmente agevolato. Se ne avessi tre di Pellegrini, disse Mou dopo le prime due partite sulla panchina giallorossa, il preliminare di Conference League contro il Trabzonspor e l'esordio in campionato contro la Fiorentina, li farei giocare tutti insieme, con l'occhio lungo di chi si era accorto di quanto Pellegrini potesse dargli da ogni punto di vista: dal freddo elenco dei gol segnati, quattordici complessivi, e del numero degli assist, sette, fino alla meno quantificabile leadership tecnica della squadra.
Divisa in parti più o meno uguali con Mkhitaryan e con la partenza dell'armeno, direzione Inter, il carico delle responsabilità per il capitano della Roma rischia di aumentare. Senza che la cosa lo possa cogliere impreparato, forte dell'esperienza accumulata nella sua migliore stagione di sempre, col timbro del trionfo in Conference League del 25 maggio e dei due gol consecutivi in Nazionale contro Germania e Ungheria a illuminarne anche il rettilineo finale.
Che può includere le ultime due partite in Nations League, sabato in Inghilterra e martedì in Germania, a meno che un problema al ginocchio sinistro non ne consigli una chiusura appena anticipata.