L'ex Napoli oggi al Toronto: “Ho ancora 33 anni e spero in una chiamata. Ai Mondiali non bisogna tornarci e basta"
La sfida contro il Belgio porta con sé dolci ricordi per Lorenzo Insigne, che tre anni fa segnò la rete che spalancò all'Italia la strada verso la semifinale agli Europei poi vinti e alla vigilia della partita di Nations League contro Lukaku e compagni l'ex capitano del Napoli, oggi al Toronto in Mls, sente nostalgia dell'azzurro ed esprime il proprio disappunto per essere stato escluso dalle convocazioni del ct Spalletti: "Solamente in Italia chi va a giocare lontano è escluso automaticamente dal giro della Nazionale e non se ne capisce il motivo - ha detto nel corso di un'intervista a La Repubblica - I sudamericani che stanno in Serie A possono fare ogni volta 13 ore di volo, perché a noi non è consentito?"
“Non mi sento un ex - ha aggiunto - non ancora. Alla Nazionale non si dice mai addio, nemmeno dopo i 40 anni. E io ne ho solamente 33. Alla maglia della Nazionale non si dà l'addio, si fa sempre il massimo per meritarla. Altrimenti si segue da tifoso”.
Il sogno nel cassetto è il Mondiale 2026: “Ai Mondiali non bisogna tornarci e basta. La Nazionale lì dovrà giocare di nuovo da protagonista, con l'ambizione di poterli vincere. Noi siamo l'Italia, 4 volte campione del mondo. Qui in Canada, nazione che li ospiterà con Usa e Messico, si respira già un'atmosfera di attesa, con i cartelloni pubblicitari per le strade anche se manca un anno e mezzo. Il calcio in America non è ancora seguito come gli altri sport nazionali: baseball, basket, football. Ma il movimento sta crescendo e il volano dei Mondiali sarà straordinario, con l'arrivo dei campioni. Spero che l'Italia possa giocare almeno una partita a Toronto: in Canada c'è una nostra comunità calda e numerosa”.
A proposito di Mondiali, la ferita è ancora aperta: “I due Mondiali saltati sono una macchia, anche nella mia carriera. Sono grato a Prandelli per avermi portato almeno in Brasile, ma ero ancora un ragazzino e la mia unica avventura iridata non fu da protagonista. Con Ventura e Mancini fallimmo invece la qualificazione ed è stata soprattutto la seconda volta a fare male. Eravamo i campioni d'Europa, con la Svizzera ci condannarono anche gli episodi e la sfortuna. Poi affondammo negli spareggi. Una spiegazione negli spogliatoi non riuscimmo a darcela. Sento parlare di una crisi di talenti e magari c'è anche qualcosa di vero. Ma la nostra storia dice altro: i campioni in Italia sono sempre nati e bisogna solo aiutarli di più a emergere, come accade all'estero. I club devono investire nella crescita dei giovani, gli allenatori dargli spazio e fiducia. Pure per la Nazionale e sta già succedendo, con l'arrivo sulla panchina della Nazionale di Spalletti. Il mister sta aprendo ai giovani le porte del club Italia e i risultati si cominciano a vedere. Il cammino in Nations League è stato finora ottimo ed è importante, in vista delle qualificazioni per i Mondiali”.
Quel gol al Belgio: "Il Belgio mi ricorda il gol più bello e soprattutto importante della mia carriera, segnato con la maglia numero 10 dell'Italia. Non eravamo noi i più forti, ma creammo con la Federazione e lo staff tecnico del ct Roberto Mancini un gruppo granitico. Fu quello il segreto del nostro successo. Pare ieri. Prendo la palla sulla linea di centrocampo, alzo la testa e parto, salto Tielemans con un dribbling e mi avvicino alla mattonella che ho sempre amato di più, la rampa di lancio per il tiro a giro. Carico il destro, poi la rete si gonfia. Ci convincemmo di poter arrivare fino in fondo. Eravamo uniti, il resto venne da sé e andammo a prenderci la Coppa. Già indossare la maglia della Nazionale è un motivo straordinario di orgoglio, ma vincere un trofeo è meraviglioso".
Il Napoli - “Può vincere un altro scudetto con l'arrivo di Conte. È un grande lavoratore, un tecnico che mangia calcio. Anche il futuro del Napoli ha tutto per essere azzurro”.