A San Siro con l'Ucraina si è vista la Nazionale che ha in testa il nuovo ct
di Andrea CocchiForse ci siamo. La nuova Italia di Spalletti trasporta le esercitazioni di Coverciano sul campo di San Siro e sembra una squadra di club, almeno per buona parte della partita con l'Ucraina. Certo, quello che contava era vincere, vista la situazione del girone, ma vedere l'Italia muoversi secondo le logiche dell'organizzazione del nuovo ct è una buonissima notizia in vista del futuro. Lucianone ha cambiato qualche elemento rispetto a Skopje ma non sembra proprio una questione di singoli. E' la consapevolezza di avere un piano comune a far muovere gli azzurri in sincronia e a regalare tracce di calcio di ottimo livello estetico.
Raspadori centravanti "svuota spazi" fa il suo dovere di arretrare, regalare sponde, muoversi in combinazione con chi arriva da dietro, Frattesi su tutti. L'inatteso goleador di San Siro si fionda nelle zone di campo "aperte" dal falso centravanti, Barella legge gli spazi da occupare in verticale, Locatelli sta poco a poco trasformandosi nel classico play del calcio spallettiano. Tutto il corollario dell'organizzazione del ct appare sul campo milanese regalando sprazzi di gran calcio. Da registrare, ma si sapeva, la difesa a quattro con giocatori abituati a schierarsi a tre. Certi meccanismi non sono ancora perfezionati e, soprattutto Dimarco, sembra fare un po' di fatica a calarsi nel nuovo ruolo.
Il pressing alto (in qualche caso molto alto), alternato a una fase di attesa in cui gli esterni offensivi si piazzano in linea con il centrocampo, in ogni caso, comincia a funzionare. Soprattutto la riaggressione (cioè la capacità di riprendersi il pallone appena perso). In fase offensiva, invece, poco da migliorare. Anzi, una cosa c'è e anche molto importante: la finalizzazione. L'Italia costruisce ma fatica a trovare la porta in rapporto a quanto crea. Il modo di arrivare in zona-gol, però, funziona. Eccome. I cambi di posizione sulle catene laterali, con l'esterno alto, la mezzala e il terzino ad alternarsi tra fascia, mezzo spazio e appoggio, sono ormai mandati a memoria. I cambi di gioco arrivano con puntualità e gli scambi verticali a uno-due tocchi dalla trequarti in poi sono impreziositi dalle qualità tecniche di chi li mette in pratica. Spalletti, insomma, è a buon punto. E non solo nel girone di qualificazione al prossimo Europeo.