Il manager/allenatore tedesco dà qualche consiglio ai rossoneri dopo essere stato a un passo dal guidare il club
La scelta del Milan di puntare ancora su Pioli non deve aver fatto felice Ralf Rangnick ma, nel corso dell'intervista concessa alla Gazzetta dello sport, non lo fa notare più di tanto: "L'allenatore ha meritato la conferma anche per la persona che è, sempre concentrato sugli obiettivi. Se poi è la scelta giusta nel medio e lungo termine è un'altra questione". Si toglie poi qualche altro sassolino dalla scarpa: "Non conosco personalmente Boban e Maldini e non voglio dare giudizi ma mi chiedo: la società è contenta dei risultati ottenuti in rapporto ai soldi spesi negli ultimi anni?".
Su come avrebbe gestito squadra e società Rangnick risponde: "Il Milan mi ha contattato a fine ottobre quando la squadra era vicina alla zona retrocessione. Se lo hanno fatto è perché cercavano una svolta. Lavoro sulla crescita e i giovani imparano molto più in fretta. Non è il mio stile insistere su calciatori di 38 anni. Non perché non siano bravi (Ibra sicuramente lo è) ma perché preferisco creare valori, sviluppare talento. Per me ha poco senso puntare su Ibra o Kjaer ma è la mia idea, né giusta né sbagliata, semplicemente diversa".
"Il Milan per puntare ai vertici deve darsi un obiettivo concreto, come la Champions. Sarà paradossale ma l'esempio è a 30 km da Milano: l'Atalanta ha un terzo del fatturato del Milan ma arriva davanti. Fanno investimenti intelligenti, hanno un settore giovanile all'avanguardia. E poi hanno Gasperini da cui c'è tanto da imparare. Come da Conte".
Così parlò Ralf Ragnick profeta del calcio tedesco, a un passo dallo sbarco in quello italiano prima che il Milan di Pioli si trasformasse nella migliore squadra italiana post lockdown.