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Il ricordo dell'ex attaccante bianconero: "Sono sconvolto. Cambiò drasticamente il calcio e fu bravo a convincerci nel fidarci di lui"
di Max Cristina© italyphotopress
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Ravanelli con Ventrone ha vinto tutto ai tempi della Juventus. L'ex attaccante bianconero, che con Ventrone lavorò anche ad Ajaccio da allenatore, è stato uno dei protagonisti della rivoluzione fisica portata avanti dal preparatore atletico ai tempi di Lippi. La morte improvvisa di Ventrone ha lasciato il segno anche in Fabrizio Ravanelli: "Sono sconvolto, non mi sarei mai immaginato una cosa del genere - ha raccontato a SportMediaset.it - anche perché fuori dal campo era molto attento alla sua salute". Con l'ex attaccante della Juventus abbiamo ricordato Gian Piero Ventrone.
Come ha preso la notizia?
"É stato qualcosa di terribile, non mi sarei mai immaginato una cosa simile. Anche se è vero che ultimamente ci sentivamo poco, lo sapevo sempre al lavoro e la notizia della sua morte mi ha sconvolto anche perché Gian Piero era una persona molto attenta alla sua salute e al suo stile di vita in generale. Sono sconvolto io, ma penso che la notizia abbia avuto lo stesso effetto su chiunque abbia avuto a che fare con lui".
Ventrone era soprannominato il "Marine", i suoi metodi erano davvero così diversi?
"Beh sì, Gian Piero con i suoi metodi ha rivoluzionato il mondo della preparazione atletico in un percorso iniziato da Pincolini con il Milan. Mi ricordo che nel 1994-95 portò alla Juventus un modo di lavorare sulla parte atletica completamente nuovo, con grandi carichi in palestra da aggiungere al lavoro aerobico. Erano allenamenti massacranti per molti di noi, che non ti permettavano neanche di riposare. Non nascondo che in certi momenti all'epoca noi giocatori ci facevamo delle domande, ma lui fu bravo a raccogliere la fiducia di tutti dicendoci che quel lavoro sarebbe stata la benzina nel serbatoio per arrivare a grandi successi sul campo, che poi arrivarono con lo scudetto per la Juventus dopo 8 anni di attesa e la Champions League la stagione seguente, ma non solo.
Cosa portò Ventrone in quella Juventus?
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"Gian Piero Ventrone portò ancora più disciplina, parole chiave nel Dna della Juventus. Il messaggio che voleva trasmettere col suo lavoro era che con un mese di attività intensa saremmo stati ripagati. Volontà e sacrificio iniziale portavano al risultato e noi giocatori avremmo fatto di tutto per lui tanta era la fiducia. Qualsiasi cosa ci avesse proposto, per noi era da fare a prescindere da tutta la fatica. Ad esempio, una volta durante un'amichevole precampionato a Chatillone, nell'intervallo ci fece correre otto volte il chilometro. Poi c'era la campanella della vergogna, che chi non ce la faceva avrebbe dovuto suonare. I risultati però arrivarono e quando arrivano ti fidi in tutto e per tutto".
Il suo rapporto con Ventrone?
"Ho sempre creduto molto in lui e nei suoi metodi, studiava e si aggiornava. L'ho voluto anche con me nella mia esperienza in panchina ad Ajaccio, anche se in Francia i calciatori non erano abituati a quei carichi di lavoro e c'è stato qualche intoppo".
Nella vita privata era così "duro" come nel lavoro?
"Tutt'altro, Gian Piero Ventrone è sempre stata una persona molto tranquilla, gentile e rispettosa di tutti. Spesso abbiamo fatto vacanze insieme con le rispettive famiglie, una bravissima persona a cui spesso ho chiesto consigli fuori dal campo e che mi ha confortato nei momenti più difficili. Mancherà molto".
Ventrone rivoluzionò il calcio italiano dal punto di vista fisico: come si spiega le difficoltà di oggi da quel punto di vista?
Oggi nel calcio italiano, in Serie A, c'è meno intensità rispetto all'estero. Bisogna non avere paura di cambiare e seguire l'andamento di questo sport, avendo la lucidità di fare le scelte giuste anche dal punto di vista atletico. Bisognerebbe fare le cose giuste e non solo seguire il miglioramento delle tecnologie sulla strada vecchia, capendo cosa è più logico fare".
Un esempio?
"É solo un esempio, ma potrebbe essere uno spunto. Oggi l'unica squadra italiana che gioca a livello europeo anche dal punto di vista del ritmo, senza infortuni, è il Napoli, che è l'unica tra le grandi squadre che ha svolto una preparazione estiva senza fare tournéè in giro per il mondo. Quello può aiutare perché Spalletti ha avuto il tempo di fare capire le proprie idee a gran parte del gruppo e soprattutto lavorare atleticamente senza lunghe trasferte in mezzo. Certo la società avrà perso dei soldi dal punto di vista delle entrate dalle amichevoli mancate in giro per il mondo, ma la stessa cifra se non di più la potrebbe recuperare coi risultati sul campo a partire dalla qualificazione in Champions League.