Il noto radiocronista Rai, 69 anni, giornalista di origini alessandrine, racconta la sua antica passione per la squadra piemontese appena approdata in Serie B
Che emozione la “mia” Alessandria in Serie B dopo quasi 50 anni… Un miracolo quello dei ragazzi di Moreno Longo, il principale artefice di questa Impresa (con la I maiuscola) insieme con l’appassionato presidente Luca Di Masi e il direttore generale Fabio Artico. Al Moccagatta ero presente se non con il fisico (che in questi ultimi tempi mi fa un po’ tribolare) con il cuore. Nella finale contro il Padova i grigi li ho seguiti con affetto e passione in tv. E confesso che mi hanno fatto emozionare.
Pozzani, Maldera (Attilio), Di Brino… Era la terzina iniziale (un po’ come Zoff, Gentile, Cabrini…) della squadra dell’ultima promozione in B, annata 1973-74. E in quella stagione seguii spesso la formazione di Dino Ballacci per la Gazzetta del Lunedì, giornale genovese con buona diffusione anche nel Basso Piemonte. Oggi il calcio è cambiato, le “terzine” non esistono più e le magliette sono personalizzate e con i numeri fissi. Ma resta il fascino per quella divisa dai colori così originali, fuori dalle convenzioni. Il mio amore per il calcio (che poi grazie a Dio sono riuscito a trasformare in professione) è nato proprio lì, nel vecchio Moccagatta.
Ero un bambino quando vedevo fare magie a un ragazzino di qualche anno più grande di me: si chiamava Gianni Rivera. Ricordo poi con affetto anche il vecchio capitano Pedroni, giocatore-allenatore (player-manager come si direbbe oggi) che di Rivera fu lo scopritore. Ricordo i gemelli del gol Fanello e Cappellaro, vincitori due anni di fila della classifica cannonieri di B a inizio anni Sessanta. Ricordo le bombe da fuori area dell’argentino Francisco Ramon Lojacono, collo da pugile e panzone da impiegato ma classe cristallina. Dell’ultima squadra promossa in B indimenticabili i dribbling, i cross e i gol di Gigi Manueli.
Ricordo, in tempi più recenti, le incursioni sulla fascia di Vagheggi, i boccoli biondi di un terzino che avrebbe fatto una bella carriera (Contratto), lo stile e la tecnica di Bongiorni e Barozzi, i capelli biondo-ossigenati di Gregucci, la tenacia di Camolese e dell’ovadese Briata. Ricordo i gol di Ciccio Marescalco e Fabio Artico. Ricordo l’affetto per i Grigi che mi manifestava, ogni volta che lo incontravo, Edy Reja, splendido mediano dell’ultimo sfortunato anno di B culminato con la sconfitta nello spareggio di San Siro contro la Reggiana.
Curiosamente la mia carriera di radiocronista – pur non essendo l’Alessandria mai stata nelle divisioni d’onore del nostro calcio da quando entrai in Rai – si è spesso incrociata con i Grigi. Per esempio nel mio esordio assoluto a Tutto il Calcio: stagione 1981-82, Serie B, Varese-Lazio 1-1. Tempo di vedere (o meglio, immaginare) nel nebbione di Masnago i gol di Vagheggi (per la Lazio) e Bongiorni (per il Varese). E poi la soddisfazione di “gridare” cinque anni fa la doppietta di Bocalon al Picco di La Spezia nei quarti di Coppa Italia e la successiva doppia semifinale contro il Milan con massiccio esodo di tifosi a San Siro.
Ancora complimenti a Moreno Longo, riuscito in un’impresa che uno come Maurizio Sarri, per dire, aveva solo sfiorato una decina di anni fa nella sua unica stagione sulla panchina dell’Alessandria. Una panchina su cui, a inizi anni Settanta, si era seduto anche un innovatore incompreso del calcio italiano, Pippo Marchioro. E sono sicuro che da lassù anche Moana Pozzi, originaria come me di Lerma, nell’Ovadese, amica di famiglia, figlia di Rosanna e nipote di Rosetta della “Cà rutta”, avrà fatto festa: non magari una tifosa ultrà ma di sicuro una simpatizzante.