Lo Special One protagonista di una delle edizioni di Federico Buffa Talks: "Se fossi rimasto altri 2-3 anni all'Inter, avremmo vinto più di una Champions"
"Pensi che sia una storia interessante? La mia storia è la mia vita, l’ho vissuta fino ad oggi e per me è normale, niente di straordinario. Magari da fuori avete un’altra percezione, per me è normale”. José Mourinho è il protagonista di una delle edizioni di Federico Buffa Talks su Sky in cui l'allenatore portoghese ha parlato della sua carriera e delle imprese in panchina, del rapporto con i suoi giocatori e anche di futuro: "Ho vinto una coppa e mezza con la Roma, non sono stato capace di vincere due coppe a Roma ma ne ho vinta una e mezza e ho altri sei mesi qui", il messaggio al popolo giallorosso dello Special One.
La storia di Mourinho parte da Setubal ("Dove non abbiamo la Fontana di Trevi ma una abbiamo un’altra fontana che, se bevi dell’acqua da lì, sarai fortunato tutta la vita. E io l’ho bevuta”), prosegue lavorando con bambini con la sindrome di Down ("Sono stati due anni straordinari per me”) e dopo l'esperienza a Barcellona con Hodgson e van Gaal, vive il suo punto di svolta a Oporto: "La Supercoppa col Milan? Mentalmente, è stata una partita super importante per noi. Eravamo una squadra di bambini, io ero un bambino a quel livello lì, a parte Vitor Baia non avevamo giocatori di esperienza. Abbiamo giocato contro il Milan di Ancelotti, c’erano Shevchenko, Rivaldo, Maldini e per noi perdere 1-0 e giocare come abbiamo fatto è stato di un’importanza clamorosa".
Poi è arrivata la Champions League: "Quella con il Porto è un’impresa che mi ha aperto le porte del mondo. Sono sempre accusato di essere poco umile, devo dare ragione a chi lo dice. Ho fatto tante imprese, ma vincere la Champions League con il Porto è una super impresa con nove giocatori portoghesi che hanno giocato la finale di Champions League e sette ragazzi che un anno prima non avevano nessuna partita in Champions League".
Un altro capitolo importante è stato quello del Chelsea: "Quando sono arrivato c’erano già stati investimenti, Abrahamovic era lì da due anni ma mancava l’ultimo passo, c’era stato Ranieri prima di me. Non mancava tanto per vincere, c’era il potenziale per cambiare la cultura e per decidere quali calciatori avere e non è una cosa che accade spesso. Abbiamo costruito una squadra da sogno con due Premier League di fila, abbiamo vinto tre coppe e quando sono andato via la stessa squadra, con qualche investimento in più, ha continuato a fare la storia”.
E poi il Triplete con l'Inter: “Qualche volta noi allenatori facciamo i fenomeni, ma alle volte le cose accadono perché fai in modo che accadono, hai giocatori bravi e di personalità, giocatori che tu potevi pressare ai limiti e loro ti rispondevano sempre. Se fossi rimasto altri 2-3 anni con quella squadra, avremmo vinto più di una Champions come dice sempre Materazzi”.