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Il centrocampista è stato decisivo contro il Leverkusen, ma nelle partite importanti il suo contributo è costante
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Il giorno dopo la semifinale di Europa League, vinta 1-0 all'andata contro il Leverkusen, in casa Roma è il momento di Edoardo Bove. Centrocampista classe 2002 è il simbolo dell'emergenza costante con cui Mourinho ha dovuto fare i conti in stagione tra Serie A e coppa europea, ma anche quello della capacità del tecnico portoghese di fare gruppo, proteggere e punzecchiare tutti gli elementi della rosa per un obiettivo comune. Da "cane malato" a "bambino", Bove nel giro di pochi mesi è diventato un giocatore su cui lo Special One sa di poter contare anche nelle partite più complicate.
Nel momento più caldo della stagione, quello in cui alla Roma mancano quattro partite di Serie A e almeno due in Europa League se vorrà puntare a strappare il pass per la prossima Champions League, il centrocampista è diventato un punto fisso in mezzo al campo giallorosso. Che sia da titolare, come contro il Leverkusen, o da subentrato, il suo contributo non manca e con il passare delle settimane i suoi tocchi, la lucidità nella giocata e la tranquillità nelle varie situazioni di gioco sono migliorati a vista d'occhio.
Contro il Leverkusen poi è stata la sua partita. Contro un centrocampo spagnoleggiante nel modo di intendere il pallone come quello della squadra di Xabi Alonso, fatto di fraseggi e carezze al pallone, Bove è salito in cattedra nella ripresa dopo un primo tempo di guardia. Inserimenti, aggressione dello spazio senza palla e rifinitura per i compagni d'attacco lo hanno portato ad alzare il giro del motore, fino a trovarsi al posto giusto nel momento e nel movimento giusto, infilando l'1-0 nella ripresa che fa mettere il muso avanti alla Lupa di Roma.
Al momento del cambio la soddisfazione di chi sa di aver dato tutto, ma soprattutto di averlo fatto bene e in maniera decisiva è evidente. Serviranno anche i big come Wijnaldum e Dybala alla Roma per completare l'opera europea, ma intanto Mourinho può contare su un giocatore che nel giro di pochi mesi potrà passare dall'essere "cane malato" - in senso buono, inteso come giocatore grintoso ma con poca disciplina tattica - e "bambino" a punto importante per il centrocampo del futuro giallorosso.