Nel campionato nordamericano c'è il tetto agli stipendi, ma anche un limite per squadra per tesserare i grandi fuoriclasse. Ecco come funziona
di Max CristinaIl Salary Cap nel calcio è possibile, ma serve grosso impegno da parte di tutti. Nell'estate dell'assalto dell'Arabia Saudita ai campioni europei con cifre da capogiro, dopo gli anni delle spese folli di Manchester City e Psg con la ricca Premier League a farla comunque da padrona, qualche dirigente del pallone - tra cui il presidente di Lega Serie A Lorenzo Casini - ha iniziato a storcere il naso per una bolla economica che presto potrebbe esplodere. "Bisognerebbe introdurre un salary cap sofisticato come nelle leghe americane" ha commentato Casini e, in effetti, quello della Major League Soccer è un caso di gestione economica che negli anni ha portato alla grande crescita del "soccer" a quelle latitudini. Ma come funziona?
La premessa di fondo, e lo scoglio maggiore da superare in questi casi, è che la cultura sportiva americana e quella europea sono completamente opposte, per esempio in MLS - come in NBA e via dicendo - non esistono (e non esisteranno) promozioni e retrocessioni.
Il problema di base nel corso della crescita del campionato nordamericano era quello di regalare al pubblico un campionato equilibrato, spettacolare ma soprattutto sostenibile dopo i fallimenti dell'antica (e poi anche della moderna) NASL dove gli investimenti del ricco imprenditore di turno erano volatili come l'umore dello stesso. Una delle soluzioni è stato introdurre il Salary Cap che, pur spesso nel mirino delle critiche per delle cifre considerate ancora troppo stringenti, tiene in piedi la baracca lasciando aperta la strada anche per chi, come per Lionel Messi a luglio, volesse fare l'investimento sopra le righe.
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Come? Il regolamento per la composizione delle rose in MLS è molto complicato e va studiato bene per comprenderlo fino in fondo, è "sofisticato" per dirla alla Casini, ma restringendo al massimo i concetti di base sono questi.
BUDGET PER GLI STIPENDI UGUALE PER TUTTI
Ogni società, che in MLS prende il nome di franchigia perché fa parte di un sistema chiuso e non è strettamente legata alla città in cui gioca, ha a disposizione una cifra massima da spendere per i giocatori in rosa. Per il 2023 si parla di 5,2 milioni di dollari.
Sì, avete capito bene. Cinque milioni di dollari abbondanti per pagare gli stipendi di tutti i giocatori. E la domanda, ovviamente, sorge spontanea? E come farà Lionel Messi a guadagnare una cifra decisamente più alta? Con un contratto particolare scaturito dal primo grande campione ad aver preso parte alla nuova MLS, cambiandola: David Beckham.
THE BECKHAM RULE: I DESIGNATED PLAYERS IN MLS
Ogni franchigia può ingaggiare un numero massimo di giocatori pagando loro lo stipendio desiderato, senza alcun limite: il Designated Player. Questa regola venne introdotta per permettere ai LA Galaxy di tesserare David Beckham nel 2009 concedendo ai californiani di pagare per intero lo stipendio dell'inglese, impattando però solo in parte sul Salary Cap. Da lì in poi ogni società ha potuto ingaggiare un giocatore "extra" come compenso, con gli slot da Designated Players che sono aumentati negli anni fino ai 3 attuali.
L'impatto sul Salary Cap
La particolarità di questa regola e questa specifica è che per quanto un giocatore possa guadagnare una cifra folle, per volontà del presidente, dei proprietari o della lega stessa, sul "bilancio" del club - che in questo caso è il Salary Cap - va a pesare per la cifra massima possibile per uno stipendio normale, che per il 2023 è di 651mila dollari circa.
L'esempio di Insigne e Bernardeschi
L'esempio chiarificatore porta alle due stelle tricolori del campionato: Lorenzo Insigne guadagna 7,5 milioni di dollari all'anno con Toronto FC (lordi), una cifra maggiore rispetto al Salary Cup della società (5,2). Però per quanto riguarda il Salary Cap il suo stipendio pesa solo per 651mila dollari, esattamente come Bernardeschi col suo ingaggio da 6,3 milioni di dollari (lordi).
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E Messi a Miami? Uguale, stessa condizione che possa guadagnare 50, 100 o 200 milioni all'anno, sul Cap peserà sempre per 651mila dollari, cifra che si abbassa in caso di arrivo in estate come l'argentino (peserà per circa la metà) o se il giocatore designato è Under 24 (peserà per 200mila dollari massimo) invogliando l'investimento su talenti futuribili.
Per questo motivo c'è un limite all'ingaggio di questo tipo di giocatori, per mantenere un certo equilibrio e assecondare fino a un certo punto le mire dei proprietari dei club. In ogni caso questi ultimi per completare l'ingaggio devono avere l'ok della MLS stessa e del board decisionale composto da altri proprietari.
Un margine per giocare con il Salary Cap c'è, riporta al discorso che il regolamento del mercato in MLS è decisamente complicato, ma permette di assorbire solo in minima parte le spese extra per gli stipendi tagliando fuori ingaggi extralusso dei grandi campioni.
I PRO E I CONTRO DEL SALARY CAP
Non è tutto oro ciò che luccica, ma in un mondo come quello del calcio dove troppo spesso le società viaggiano a un ritmo economico in costante passivo, il Salary Cap è uno strumento che permette la sopravvivenza e, se studiato in maniera scientifica, la crescita come è il caso della MLS.
Il contro principale almeno per quanto riguarda la Major League sta nel trovare la cifra giusta per garantire competitività con il resto dei campionati, ma anche la concorrenza all'interno dello stesso. Per come è concepito il limite della spesa per gli ingaggi dalla MLS la cifra è ancora troppo bassa, accusano in molti sportivi, per fare il salto di qualità a livello internazionale attirando giocatori importanti (che non possano garantirsi un posto da Designated Player) o, rimanendo negli Stati Uniti, per garantire una carriera dignitosa. Il salario minimo è infatti di circa 68mila dollari lordi, troppo pochi per vivere di questo.