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AIC, Tommasi e la ripresa della Serie A: "Rischiamo un nuovo stop"

Il presidente dell'assocalciatori: "Il calcio non va trattato diversamente"

08 Mag 2020 - 18:22

"Sappiamo che il comitato tecnico scientifico trasmetterà una nota al ministro della Salute e al ministro dello Sport. Ma non abbiamo ulteriori elementi". Il presidente dell’AIC, Damiano Tommasi, continua ad avere molti dubbi circa la possibilità di riprendere e portare a termine la Serie A e ne ha parlato a Fanpage.it: "Come AIC vogliamo un protocollo sicuro, validato, semplice, efficace. Qualcosa che ci dia certezze, che presenti la sicurezza di un rischio calcolato. E poi il tempo, sempre più stretto ogni giorno che passa. Il pensiero di tante partire da affrontare in pochi mesi. Costringerà a far funzionare tutto perfettamente per non avere intoppi e finire la stagione 2019/20. Si corre il rischio di rimettere in moto una macchina che potrebbe fermarsi subito".

"È l'uniformità dei comportamenti che garantisce la sicurezza - ha continuato - La gestione della positività di un calciatore non può essere diversa da quella che riguarda altri ambiti del paese. Ci saranno dei protocolli, in questo senso, che dovranno essere confermati da chi ci autorizzerà a tornare a fare l'attività. Questo però ce lo dovranno dire i medici". Damiano Tommasi ha affrontato anche il nodo della gestione di un eventuale caso di positività tra i calciatori alla ripresa degli allenamenti. Si sono evidenziati nuovi casi di positività, perché "è stato fatto uno screening pre-allenamento - ha sottolineato il presidente dell'Aic - come giusto che sia in questo momento, e i positivi verranno isolati. Sappiamo che non tutte le squadre hanno fatto già i test, per problemi logistici". Ma, "al di là dei nuovi casi, è la prolungata positività di alcuni calciatori, andati oltre le tre settimane, ad aumentare il livello di preoccupazione". Infatti alcuni hanno espresso timori sulla ripresa: "Stiamo parlando di persone come le altre. Sono timori legittimi - ha commentato Tommasi - specialmente nei riguardi dei familiari. Sappiamo che è un sentimento condiviso a livello europeo, ci confrontiamo ogni settimana con gli altri sindacati dei calciatori. L'attenzione a questo tema è inevitabile e credo sia anche il motivo per cui non si sta giocando a calcio. I governi non autorizzano questo tipo di attività perché sono a rischio. Le valutazioni nel caso del calcio sono più ampie per il grande indotto e l'elevato numero di lavoratori e famiglie che coinvolge. C'è da capire quanto questi rischi siano calcolabili". 

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