Lo storico medico della Nazionale: "Non siamo stati invitati al tavolo, vanno chiariti dei punti oscuri"
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La questione del protocollo sanitario per la ripresa del campionato di Serie A continua a far discutere: "Noi medici del calcio non siamo stati invitati al tavolo, nonostante fossimo un punto importante in questo progetto - ha denunciato a Sport-Lab.it Enrico Castellacci, storico medico della Nazionale e presidente della Libera Associazione Medici Italiani del Calcio - Avremmo gradito portare le nostre idee. In alcune categorie si vivono situazioni diverse. L'applicazione dei protocolli in Serie C è fuori dalla realtà, perche' ci sono più carenze rispetto alla massima serie. Noi l'avevamo detto subito, sostenendo dal principio che questi protocolli escludono molte categorie, oltre al fatto che sono difficili anche da applicare in A".
Il protocollo è oggetto di una serrata trattativa tra la Federazione e il Governo (in particolare il Comitato Tecnico Scientifico), che in un primo momento lo aveva bocciato a causa dei dubbi su alcune questioni, prima tra tutte la modalità di trattamento di un caso di positività: "I punti oscuri dei protocolli vanno chiariti - ha detto Castellacci - La Figc ha detto che li avrebbe ripresi. Nel protocollo si dice che, qualora si dovesse trovare un giocatore positivo al Covid-19, l'atleta sarebbe messo in quarantena, per gli altri invece ci si limita a semplici accertamenti, senza quarantena. Questo però contrasterebbe col Dpcm. Bisogna chiarire questo punto, prendendo spunto dal protocollo tedesco: in Germania si mette il giocatore in quarantena e si fanno piu' tamponi agli altri. Se sono tutti negativi si continua".
Castellacci ha comunque sottolineato quanto sarebbe importante terminare la stagione: "L'auspicio di tutti sarebbe quello di rivedere il campionato, anche se è una cosa difficile. Questo è un periodo drammatico, sotto vari punti di vista. C'è voglia da parte della Figc di vedere completata la stagione, anche per i problemi economici che comporterebbe un'eventuale interruzione. Questo, però, lo deciderà il Governo. Bisogna anche dire che un calciatore professionista non può stare quattro mesi senza allenarsi. Dovremmo studiare un metodo per farli allenare in sicurezza, magari con protocolli diversi rispetto a quelli messi sul tavolo finora".