Inzaghi e Allegri si ritrovano di fronte per l'ennesima volta in una partita che può valere la stagione
di Andrea CocchiFinalmente ci siamo. Le prime della classe si ritrovano di fronte nel match dell'anno. Inter e Juventus si conoscono bene, hanno lo stesso sistema di gioco e possono specchiarsi reciprocamente con il riferimento della partita d'andata. Quella di fine novembre è la gara che più servirà a Inzaghi e Allegri, e ai loro analisti, per preparare la super sfida di San Siro. Al netto di chi ci sarà e chi dovrà dare forfait costringendo i tecnici a scelte che, fatalmente, cambieranno le caratteristiche del loro atteggiamento nelle due fasi.
A vedere due 3-5-2 a confronto, per quanto i numeri possano contare nel calcio attuale, c'è sempre la curiosità di scoprire chi andrà a coprire sul playmaker avversario e come si sceglie di "uscire" sugli esterni (o "quinti" se si vuole usare un termine del disprezzato linguaggio cosiddetto "covercianese"). Nella partita d'andata Allegri ha forzato, per una parte di gara, il pressing dei suoi andando a prendere l'Inter dalla prima costruzione con un'aggressione uomo su uomo. Vlahovic chiudeva sul centrale, McKennie usciva sul difensore sul centrosinistra e Chiesa su quello schierato dall'altra parte. I due esterni di centrocampo avevano come riferimenti i rispettivi avversari sulle fasce mentre, per isolare Calhanoglu, si cercava di schermarlo con la postura del corpo dello stesso centravanti bianconero. Nel caso in cui il regista turco fosse riuscito a trovare spazio, ci avrebbe pensato uno degli altri due centrocampisti, Nicolussi Caviglia e Rabiot, inizialmente impegnati nel controllo di Mkhitaryan e Barella.
Un meccanismo compensato dalle uscite alte di Gatti, che poteva seguire l'armeno fin oltre la metà campo bianconera. In fase offensiva la Juve seguiva le logiche che stanno caratterizzando la sua stagione: impostazione a quattro, con Gatti allargato a destra, rotazione tra McKennie e Cambiaso nell'alternarsi tra la fascia o il mezzo spazio di destra, e automatismi più complessi a sinistra, con Vlahovic in appoggio a portare via il centrale, Kostic a impegnare l'esterno, Chiesa a "chiamare fuori" il difensore dalla sua parte e Rabiot a buttarsi nello spazio libero. Il copione, comunque, poteva variare, secondo le logiche allegriane, con una difesa posizionale ben attenta a coprire l'area e a non concedere spazi e ribaltamenti a varie altezze, a seconda del punto del campo in cui veniva recuperata la palla.
L'Inter ha più badato a serrare le fila del suo 3-5-2, senza affidarsi al pressing e sfruttando le sue caratteristiche in fase offensiva, anche se è mancata nelle rotazioni e nei movimenti che solitamente tendono a creare disagio nella struttura avversaria (come gli inserimenti dei difensori centrali in zone più alte di campo). La squadra di Inzaghi si è limitata a cercare la profondità per gli scambi tra Lautaro e Thuram, i cambi di gioco per le progressioni di Dumfries e Dimarco e le combinazioni per attivare il terzo uomo, anche se in modo sporadico rispetto ad altre occasioni. Non è un caso che l'unica vera azione degna di nota, e preparata preventivamente, sia stata quella che ha portato al gol del pareggio di Lautaro, con la velocità nel far progredire la palla sulla destra, saltando l'aggressione individuale bianconera, con tre passaggi consecutivi a eludere il pressing della Juve, fino a liberare Thuram sulla fascia nell'uno contro uno che ha portato alla rete nerazzurra.
Dire che sarà una partita a scacchi è scontato, ma di sicuro i due allenatori avranno tratto degli insegnamenti importanti dalla gara d'andata. Facile immaginare che l'Inter, giocando in casa, cercherà di essere più presente in fase offensiva, utilizzando la capacità di manipolare il sistema avversario con la sua fluidità in fase di costruzione, passando, senza troppe difficoltà, dalla difesa a tre a quella a quattro, abbassando gli esterni e alzando un centrale o facendo scendere Calhanoglu a dare una mano al reparto arretrato. La Juve, probabilmente, limiterà il pressing alto, utilizzandolo solo in fasi limitate del match. Lo spettacolo, forse, non sarà di quelli da ricordare ma questo è un problema soltanto degli appassionati neutrali, al tifoso interessano i tre punti e quelli, quasi sempre, arrivano dalle giocate individuali dei giocatori più dotati. E non c'è tattica che tenga.