L'ex direttore di gara, ritiratosi da poco, ha parlato della bellezza e della difficoltà della professione
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"La mia prima gara a Milano è stata Milan-Siena e il primo ammonito fu Maldini. Mi dissero di non guardare il terzo anello di San Siro perché 'se lo guardi te la fai addosso'. Avevano ragione: quel terzo anello l'ho guardato solo alla fine della partita". Lo ha detto Daniele Orsato, intervenendo al Festival dello sport di Trento. Il 6 luglio ha arbitrato Inghilterra-Svizzera, quarto di finale del campionato europeo, chiudendo la carriera: 290 partite in Serie A e miglior arbitro del mondo nel 2020. "Il capitano del Siena mi disse: 'Che coraggio venire a Milano e ammonire Maldini' - ha ricordato Orsato -. Gli risposi: 'Non è coraggio, faccio l'arbitro'".
"Il campo mi manca tanto, mi mancano i compagni della mia squadra, mi mancano i raduni e stare coi colleghi e dare consigli anche perché ho qualche capello bianco. La designazione è il momento che mi manca di più, scoprivi dove andavi ad arbitrare - ha aggiunto Orsato, che poi ha parlato dei suoi sogni da bambino -. Giravo per casa con un cacciavite per capire come si accendeva la luce. Volevo fare l’elettricista e ogni tanto facevo saltare per aria tutto in casa. Mi sono iscritto a una scuola, ho fatto 3 anni e poi ho trovato un posto di lavoro".
Poi un amico gli chiede di fare il corso da arbitro di calcio: "Io dissi, ma l’arbitro è uno sfigato… Ma lui mi sfidò dicendo che potevo saperlo solo arbitrando una partita. Prima partita arbitrata 17 gennaio 1993 negli Esordienti. Andavo a vedere le categorie superiori per vedere come si arbitrava. Nessuno deve copiarmi, sentir dire 'arbitra alla Orsato' mi fa piacere, ma devono scommettere su sé stessi e sbagliare con la propria testa. L’offesa più grande è sentirsi dire che sei scarso. Un giocatore non me lo ha mai detto, i tifosi ovviamente sì".