La serata di Coppa non fa che ribadire lo straordinario momento dei biancocelesti e i segni di rinascita giallorossa
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La Lazio ormai non fa più notizia. Anche tornare da Amsterdam dopo aver schiantato l'Ajax a casa sua sembra una cosa normale per chi domina la classificona di Europa League ed è in piena lotta scudetto. Quello che più impressione, del meccanismo perfetto di Baroni, è il modo. Cambiano gli interpreti, considerati tra l'altro non di primissimo piano, cambia il piano gara ma il risultato solitamente arriva. Eccome se arriva, visto che il bilancio parla di 16 vittorie, tra Serie A, Europa League e Coppa Italia, 2 pareggi e 4 sconfitte in 22 partite dall'inizio della stagione. Se non è la marcia del Liverpool poco ci manca.
La realtà è che la rosa a disposizione di Baroni è più che valida ed è esaltata dai principi di gioco del suo allenatore. La prestazione di Dale-Bashiru ad Amsterdam, capace di destreggiarsi senza troppe difficoltà nel ruolo di partner centrale di Rovella, come in quello di incursore o di laterale, ha contribuito a esaltare la prova camaleontica dei biancocelesti, con un Pedro in grado di svolgere il ruolo di esterno sinistro prima di essere spostato in quello di trequartista. La batteria dei 4 davanti è assolutamente intercambiabile, tra lo spagnolo, Dia, Tchaouna, Zaccagni, Noslin e Castellanos.
L'idea di base, cercare di risalire velocemente il campo soprattutto sull'esterno, resta intatta ma le interpretazioni possono cambiare a seconda degli avversari. Il modo, per esempio, di creare densità centrale sulla trequarti difensiva dell'Ajax ravvicinando gli interpreti offensivi è stato decisivo, così come il cambio nella ripresa che ha premiato di più il gioco sull'esterno.
Se fino a pochissimo tempo fa le differenze tra le romane erano imbarazzanti, ora le cose stanno poco a poco cambiando dall'arrivo di Ranieri, che in carriera ne ha viste tante (è arrivato a una semifinale di Champions League, ha vinto una Premier con il Leicester, ha allenato Inter e Juventus, ha ottenuto promozioni, Coppe e Supercoppe) ma mai, forse, si era ritrovato in una situazione così complicata come quella della Roma attuale. C'è voluta tutta la sua esperienza e conoscenza del mestiere per far ritrovare ai giallorossi un filo che sembrava completamente perduto, e ai suoi tifosi la voglia di tornare ad affollare l'Olimpico.
Contro lo Sporting Braga si è vista una squadra capace di dominare, così come domenica scorsa con il Lecce. Ranieri va avanti a piccoli passi, senza troppo insistere su concetti tattici ma lavorando sulla testa di giocatori spaesati da un inizio di stagione allucinante. Sul piano del gioco si è limitato a dare pochi principi e a variarli a seconda delle circostanze. La Roma si è così trovata a confezionare associazioni spontanee tra giocatori tecnici come Dybala, Soulé e il ritrovato Pellegrini. Anche senza Dovbyk, insomma, si può produrre calcio di alto livello. Poi c'è la certezza di un centrocampo dinamico, con grande fiducia accordata a Koné e Pisilli, la riscoperta di Paredes e la presenza in rosa di Cristante e Le Fée, di una difesa in cui è stato tirato fuori dall'armadio Hummels, e di una fascia destra con un Abdulhamid che in una notte si è conquistato il soprannome di "Pendolino Saud".
Visto che, però, anche a pochi giorni da un Giubileo che riporta ai fasti della città "Caput mundi", gli esami non finiscono mai, la Lazio ha la prova del nove lunedì contro l'Inter (in uno scontro diretto per i vertici della classifica inimmaginabile fino a poco tempo fa) e la Roma la trasferta contro un Como assetato di punti, per avvicinarsi al derby della vigilia dell'Epifania che sarà, inevitabilmente, uno dei più sentiti degli ultimi anni.