A San Siro la partita più dei difensori che degli attaccanti
di Matteo Dotto© ipp
Sei squadre in due punti: non sarà più il miglior campionato del mondo, di sicuro la nostra Serie A è quello più equilibrato. Sulla scia del Napoli a 26, un poker di squadre a 25 (Inter, Fiorentina, Lazio e Atalanta) e la Juventus a 24. Più staccato, a 18 ma potenzialmente a 21, il Milan che dovrà recuperare la gara di Bologna.
EQUILIBRIO – L’equilibrio rispecchiato dalla classifica è lo stesso del big match di San Siro: sostanzialmente giusto il pareggio (1-1) tra Inter e Napoli, con qualche recriminazione in più per i nerazzurri soprattutto a causa del primo rigore fallito in Italia da Calhanoglu. E’ stata più la partita dei difensori (sugli scudi soprattutto Acerbi e Buongiorno) che degli attaccanti: sottotono tra i nerazzurri Thuram e Lautaro così come dall’altra parte poco ha fatto Lukaku.
FRETTA – L’esordio da titolare a Cagliari ha regalato a Francesco Camarda un salomonico 6 politico. Unanimità dunque nelle pagelle dei tre quotidiani sportivi (Gazzetta, Corsport e Tuttosport) e dei quattro principali generalisti (Corriere della Sera, Repubblica, Stampa e Giornale). Con tutti a sottolineare il suo salvataggio difensivo più che la pericolosità offensiva. In realtà l’impressione è che il baby-prodigio rossonero non sia ancora pronto per il grande salto. Ha fisico, tecnica e voglia di imparare ma nel mondo dei “pro” pare ancora molto acerbo. Tant’è vero che i suoi numeri con il Milan Futuro (la squadra che milita nel girone B della Serie C e che naviga nei bassifondi della classifica) sono davvero poverelli: 7 presenze (per un totale di 510 minuti giocati) e un misero golletto in campionato, un gettone e zero reti nella Youth League, la Champions giovanile. E pure l’anno scorso non è che Camarda avesse fatto sfracelli, visto che lo score ci consegna 41 presenze complessive, tra campionato e coppe, condite da 13 centri. Non esattamente una media strabiliante. Insomma, pensare che possa diventare il vice-Morata e risolvere i problemi dell’attacco milanista pare davvero, oggi come oggi, un azzardo.
FLOP – Che fosse inadeguato (tecnicamente e caratterialmente) a guidare la Roma, per di più in corsa, era chiaro a (quasi) tutti, con l’eccezione della dirigenza giallorossa. Con la sconfitta casalinga contro il Bologna si chiude dopo 12 partite (7 di campionato e 5 di Europa League) l’avventura di Ivan Juric sulla panchina della Roma. Il bilancio di 4 vittorie, 3 pareggi e 5 sconfitte regala una media di 1,25 punti a partita. Daniele De Rossi era stato esonerato a settembre dopo lo zoppicante avvio di stagione (3 pareggi e 1 sconfitta nelle prime 4 giornate di campionato) ma il suo score complessivo alla guida della Roma (la scorsa stagione era subentrato in gennaio a Mourinho) è comunque di gran lunga migliore di quello di Juric: 1,63 punti a fronte di 13 successi, 10 pari e 7 sconfitte
TOP – Per la serie, non è mai troppo tardi, ecco a 61 anni il primo campionato da vertice di Marco Baroni. Che da calciatore tutti ricordano per il gol decisivo (segnato proprio alla Lazio) in occasione del secondo scudetto del Napoli, stagione 1989-90. E che in panchina sta togliendosi grandi soddisfazioni. Questo torneo da zone alte alla guida della Lazio segue (a ritroso) le tranquille salvezze con Verona (2024) e Lecce (2023) e la promozione in A sempre con il Lecce (2022). Baroni, classe ’63, allena dall’inizio del nuovo millennio. Ha mangiato il pane duro della Serie C, conosciuto ben otto esoneri e una retrocessione dalla A alla B (2019 con il Frosinone), ma a parte il magic moment che dura ormai da quattro anni vanta anche qualche bel colpo qua e là: un Torneo di Viareggio nel 2012 alla guida di una Primavera Juventus non irresistibile (Spinazzola l’unico ad aver fatto carriera) e la prima storica promozione in A con il Benevento nel 2017. Adesso il miracolo Lazio. Dove nessuno più rimpiange Sarri.
PARAGONI – Urbano Cairo si avvia a diventare il presidente più longevo nella storia del Torino e a dicembre si compirà… il misfatto. Ovvero il sorpasso su Orfeo Pianelli (il patron dell’ultimo scudetto, anno Domini 1976, e di due Coppe Italia). A parte un albo d’oro desolatamente vuoto (non solo di titoli ma anche di soddisfazioni), l’era Cairo potrebbe essere fotografata da due numeri: 1 e 24. Come i derby vinti (1) e quelli persi (24) su un totale di 31 giocati. Sotto la gestione Pianelli i derby conquistati dai granata erano stati 17 su 46 e le sconfitte soltanto 14. In sintesi, quando si paragona Cairo a Pianelli viene spontaneo ricordare un vecchio detto che caratterizzava negli anni Settanta la rivalità tra Carabinieri e Polizia: non confondere gli stracci con la seta. Quale sia la seta è fin superfluo sottolinearlo…