Il belga deve ripartire dalla botta di San Siro: fondamentale ora l'apporto del tecnico portoghese
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"Un pallone, datemi almeno un pallone": sono queste le uniche parole di Lukaku che restano in eredità dal tardo pomeriggio domenicale di San Siro. Pronunciate a fine primo tempo, più di frustrazione che altro. Meglio ancora, di rassegnazione. Poi più nulla, solo i fischi incassati, le mani sui fianchi al gol vittoria dell'Inter di Thuram, qualche timida sgroppata, lo sguardo attonito di fronte ai richiami dei compagni e la corsa nel cuore degli spogliatoi. Big Rom ha subito più di quanto lui stesso immaginasse il faccia a faccia con gli ex compagni: ha pagato soprattutto dal punto psicologico. Ed è da qui che ora deve ripartire il lavoro suo e, quello di Mourinho.
Un gigante fragile, il belga. Spesso si è messo in evidenza questo aspetto del suo carattere: tanto straripante quando al top della condizione psico-fisica quanto evanescente nelle difficoltà. Lo sapevano all'Inter, alla Roma per la prima volta devono fronteggiare questa situazione. Mourinho, criticabile finché si vuole, resta però indubbiamente ancora un maestro in queste situazioni. Lo ha protetto nella settimana di avvicinamento ed è stato l'uomo a lui più vicino nei giorni successivi. Domenica c'è il Lecce, la settimana dopo il derby con la Lazio, l'occasione migliore per allontanare i fantasmi della trasferta milanese.