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Beppe Viola, l’anticonvenzionale

Ritratto della breve e memorabile esistenza di Pepinoeu

17 Ott 2021 - 09:44

Inserire Beppe Viola tra le grandi firme del giornalismo sportivo sfiora la forzatura. Ed anche provare a descriverlo e raccontarlo in qualche riga è impresa improba. Come tutti i geni, e lui senza dubbio lo era, anche Beppe è un personaggio difficile da schematizzare, da inserire in un numero di caratteri predefinito per essere impaginato per bene. Giornalista, più per portare a casa il pane che per vera vocazione. Ma come in tante altre cose, la sua arguzia e la sua tagliente vena ironica riuscivano ad imprimere un segno potente sulle sue produzioni, e quelle strettamente professionali non prescindono da questa regola.

I rapidi cenni storici ci fanno solo inquadrare meglio il contesto in cui questa creatura rara della cultura italiana muove i suoi felpati passi. Anzitutto Milano, quella degli anni Sessanta dove il giovane Viola viene assunto in Rai ad inizio del decennio della beat generation e delle contestazioni giovanili. Ma di certa gioventù polarizzata e politicizzata Beppe Viola non può fare parte, in ossequio alla sua diversità.  All’esame di stato per diventare giornalista è seduto dinnanzi alla commissione presieduta da un austero Enzo Biagi, che prova a creargli imbarazzo con una domanda politica, sempre molto delicata in quell’epoca:

“Fanfani è più verso destra o sinistra nello schieramento DC?”.

La faccia sorniona, con le palpebre cadenti ed una voce sempre leggermente annoiata di Viola che risponde un lapidario “Dipende dai giorni”, racconta molto della sua forza ironica, incapace di sottrarsi al gusto della battuta, anche feroce, nonostante le circostanze.

Inizia così, a metà strada tra la realtà e la leggenda metropolitana, la carriera di Beppe Viola nella TV di stato. Ma proprio questo ambiente così istituzionale poco si addice alle sue caratteristiche. Con La Rai sarà un continuo rapporto di odio/amore iniziato alla radio, con le radiocronache di “tutto il calcio minuto per minuto” e con i servizi per la TV e la domenica sportiva. Troppo fuori dagli schemi per essere giudicato affidabile dai suoi superiori, lo stesso Viola scherzava apertamente sulla cosa, affermando: “tengo duro per migliorare il mio record mondiale di mancata carriera”. Troppo intelligente e acuto per non accorgersi della freddezza, per essere eufemistici, che lo circondava nell’ambiente lavorativo, dove gli unici amici che poteva davvero annoverare erano Pizzul e Carlo Sassi. Esempi della sua diversità, di quel suo modo “altro” di fare giornalismo, ve ne sono a profusione.

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