Rugby e calcio nella lotta contro l'apartheid
I n quest’ultimo periodo di rivendicazioni di diritti civili la riscoperta della vita (e della lotta) di Nelson Mandela appare una lezione sicuramente più utile rispetto all’abbattimento o imbrattamento di statue e monumenti. A proposito di sport, non tutti sanno che proprio due discipline hanno accompagnato due momenti focali nella lotta di Madiba; calcio e rugby hanno infatti caratterizzato le fasi fondamentali del suo cammino verso il superamento dell’apartheid, ovvero la resistenza durante i 27 anni di prigionia e la costruzione di un Sudafrica unito.
Mandela nasce nel luglio 1918 nel villaggio di Mvezo da una famiglia della nobiltà xhosa, e nel nome Rolihlahla, ovvero “Combina guai”, porta già i segni del destino; il cognome è ereditato dal nonno paterno, mentre soltanto alle scuole elementari è ribattezzato Nelson. A ventitré anni, di fronte ad un accordo di matrimonio combinato con una ragazza di un altro villaggio, fugge dalla campagna per trasferirsi a Johannesburg dove si iscrive alla facoltà di giurisprudenza. In una sorta di ispirazione all’ideale ellenico della kalokagathia accompagna agli studi in legge la pratica del pugilato, una passione che lo porterà poi a ricevere gli omaggi dei suoi idoli sportivi, Muhammad Alì e Joe Smocking Frazier.