Nel buco nero di Coventry, 24 anni fa, nasceva un talento
Quando sei solo un ragazzo di 22 anni e alla tua prima convocazione in nazionale qualcuno ti dice “questo è il momento di giocarti le tue carte”, e tu effettivamente te le giochi facendoti beccare al casinò, allora il tuo identikit è quello di James Maddison. Quel casinò per Jamie, però, è stato la lezione (di vita) migliore per diventare un numero 10 perfetto, anche se qualcuno ancora non lo ha capito. Maddison infatti, a differenza di compagni come Grealish, Foden o Rice sembra mancare di appeal, di un certo carisma mediatico che faccia da contraltare al giudizio del campo.
È come se ancora non si fosse trovata la chiave giusta per poter parlare di lui ed è come se, lui stesso, non avesse ancora capito dove posizionarsi all’interno dei gironi danteschi del calcio di Albione. Tra i cattivi, gli alcolizzati, i discontinui brillanti, i trascinatori senza macchia o i futuri incompiuti? Si potrebbe quasi ipotizzare che quella fuga d’azzardo al casinò sia stata pianificata da James per entrare nell’olimpo dei ribelli. Il problema è che certe cose non possono essere programmate. Con certe “doti” ci si nasce, e se l’unico mondo che conosci è quello verde del campo, allora la socialità problematica non è affar tuo.