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Le favole non esistono

Dall'uso all'abuso di un termine inflazionato

30 Dic 2020 - 07:58

Sul finire degli anni Novanta si parlava della favola dell’Udinese, nei primi Duemila di quella del Chievo; fu poi la volta – a più riprese – della favola del Sassuolo e di quella ancora in fase di svolgimento dell’Atalanta. Tutto va bene per stendere una melassa di ingenua innocenza su un gioco che ne è sprovvisto fin dagli albori, dall’epoca dei pionieri, quando si scendeva in campo solo per “passione”. Parlare o scrivere di favola velocizza il processo che cementifica lo spirito degli appassionati intorno alle gesta dei propri beniamini.

È un’utile scorciatoia per spiegare un fenomeno, raccontare un fatto, riducendolo a una parola, favola appunto, e allontanandolo anche dal significato originario del termine. Dizionario alla mano, la favola è una breve vicenda, narrata in versi o in prosa, i cui protagonisti possono essere persone, animali o cose, e il cui fine è di far comprendere in modo facile e piano una verità morale. Ora, se ripensiamo alle favole calcistiche sopra citate, ci viene difficile trovare in esse una verità morale e a ben guardare anche l’aspetto magico.

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