Come costruire le vittorie dalle fondamenta
Il senso di solitudine, di vuoto esistenziale, di abbandono su cui è costruita la mistica del portiere di certo non si addice all’altero teutonico Manuel Neuer. Basti osservare con che animo, con quale calore, l’intera squadra del Bayern lo abbracci dopo il triplice fischio del Da Luz. Non è certamente solo o abbandonato. L’abbraccio del mondo bavarese al suo superman dagli occhi azzurri dimostra che Manuel non si è limitato ad essere lo sweeper keeper (“il portiere-libero”) per eccellenza, ma si è imposto come vero e proprio trascinatore nella cavalcata infernale del Bayern.
Limitandoci ai gesti tecnici della finale Manuel sembra aver lasciato alle spalle infortuni e polemiche, ritornando a livelli di supremazia solenne, a tratti imbarazzante, quasi ingiusta nei confronti degli avversari e del gioco stesso. Fin dalla prima occasione del match Neuer inizia a sciorinare l’intero repertorio di parate: si oppone in primis a Neymar che, incrociando con il mancino al 19’, trova una straordinaria risposta; poi al 69 minuto quando disinnesca, con i piedi, un colpo sicuro di Marquinhos che non può far altro che arrendersi allo strapotere della piovra tedesca. Nel frattempo condisce queste due perle con uscite intelligenti e parate pratiche.