Una nuova inchiesta del Guardian torna a far discutere
Oltre 6.500 lavoratori migranti sono morti in Qatar da quando il paese si è aggiudicato l’onore – e l’onere – di ospitare i Mondiali di calcio del 2022. Dodici lavoratori provenienti da India, Pakistan, Bangladesh, Nepal e Sri Lanka hanno perso la vita ogni settimana negli ultimi dieci anni nel silenzio più assoluto. L’inchiesta è stata pubblicata dal Guardian, e in essa si avverte che le stime sono al ribasso perché all’appello mancherebbero i morti di altri paesi, come Filippine e Kenya. Così come non sono inclusi i decessi degli ultimi mesi del 2020. Pur non essendoci una classificazione ufficiale che indichi il tipo di lavoro svolto da queste persone, secondo Nick McGeehan – direttore di FairSquare Projects, organizzazione che si occupa di tutale i diritti dei lavoratori del Golfo – è comunque probabile che fossero impiegate nella realizzazione del nuovo vestito con cui il Qatar vuole presentarsi al grande ballo: una città intera da costruire, sette nuovi stadi, un aeroporto, strade, hotel e quant’altro. L’incapacità di vigilare sui lavoratori migranti (che rappresentano il 65,2% della popolazione totale e il 94% dei lavoratori) mette in luce ancora una volta le condizioni in cui queste persone sono costrette a sottostare. Una clandestinità voluta in base al sequestro dei documenti da parte dei datori di lavoro.
Per il Comitato organizzatore di Qatar 2022, tra i lavoratori direttamente legati alla Coppa del Mondo, i morti non supererebbero i 37, dei quali 34 “non legati al lavoro”. Dai documenti in possesso del quotidiano inglese, infatti, il 69% dei decessi sarebbe da attribuire a cause naturali, come insufficienza cardiaca e respiratoria. Cifra che sale all’80% se si considerano i soli indiani. Se così fosse, sarebbe ugualmente grave.